L’industria si aggrappa alla Lega
Gli imprenditori scaricano i Cinque Stelle e chiedono a una «sola» parte del governo più investimenti Manovra, Boccia e Vescovi abbassano i toni: «Abbiamo aspettative altissime dal Carroccio»
Gli industriali non chiudono le porte al governo nonostante la manovra. Anzi, si aggrappano alla Lega che il presidente Boccia definisce «Una grande componente del governo vicina ai ceti produttivi» sostenendo che «L’aspettativa è altissima non solo a livello territoriale». Una strategia, se è vero che all’assemblea di Confindustria Vicenza a microfoni spenti in molti si dicono terrorizzati dal Def. Gelo sui Cinque Stelle.
Manovra, Confindustria si affida alla Lega per arginare i Cinque Stelle. Il presidente nazionale, Vincenzo Boccia, che nell’intervento conclusivo definisce la Lega «una grande componente del governo vicina ai ceti produttivi. L’aspettativa è altissima non solo a livello territoriale». E quello di Vicenza, Luciano Vescovi, che si schiera sulla stessa linea e contrappone lo «studente» Luigi Di Maio al «politico navigato» Matteo Salvini. Prima di tirare la volata al governatore Luca Zaia, ringraziandolo di aver difeso la Pedemontana. Per poi ritrovarsi sul palco con lui e il ministro agli Affari regionali, Erika Stefani, in un dialogo con cui gli Industriali sposano in pieno il progetto dell’autonomia.
Se doveva essere il primo banco di prova per tastare la reazione del mondo industriale sulla manovra del governo, la risposta di Confindustria è uscita chiaramente, ieri a Breganze nell’assemblea di Confindustria Vicenza nell’auditorium della quartier generale di Otb, la holding della moda di Renzo Rosso. Certo, alla fine Confindustria prende tempo, sospende il giudizio. Ma la linea che esce dall’assise, davanti a oltre 800 imprenditori è chiara. Ed è l’asse tra gli Industriali e la Lega, con cui gli imprenditori scelgono di far leva sul partito di Salvini per fermare le parti più indigeste della manovra messe sul tavolo dai Cinque Stelle.
La linea esce chiaramente da Boccia. Che difende la scelta di Confindustria di evitare giudizi definitivi, scaricando così l’ex ministro del Pd, Carlo Calenda: «Ha parlato di una Confindustria appiattita e non è neanche in grado di organizzare una cena a casa sua con i compagni di partito. Se qualcuno pensa che Confindustria debba politicizzarsi si sbaglia: noi valutiamo i provvedimenti». Ricevendo una replica a distanza: «La Confindustria è ufficialmente leghista - ha affermato Calenda -. Mai un presidente aveva fatto un endorsement così a un partito politico. Vergognoso».
Ma il fuoco di Boccia si è poi diretto verso i Cinque Stelle e il loro stile. Boccia parla «delle lezioni via tweet invece della fatica di ascoltare»,e aggiunge che «dopo quattro-cinque tweet, al sesto il presidente di Confindustria ha il dovere di rispondere, anche se siamo abituati a guardare la gente negli occhi. Attaccano per nome i nostri imprenditori - ha aggiunto, riferendosi al caso del presidente veneto, Matteo Zoppas - al punto da dovere evocare la piazza anche se non è nel nostro stile».
La linea sulla Manovra è chiara. «Il governo deve chiarire cosa vuole fare - sostiene Boccia - Il punto non è lo sforamento del deficit, ma se le risorse, invece che in investimenti e in crescita, vengono sprecate in spesa corrente. A quel punto non lamentiamoci se lo spread sale». L’unica via è tentare di appoggiarsi alla Lega. Che però Boccia avverte, rivolto al collega vicentino Vescovi: «Attenzione a non essere daltonici. Il governo non è giallo e verde; a Roma è giallo-verde». Un modo per dire che dalla Lega la Confindustria si attende appoggio convinto sui provvedimenti nazionali, che i rapporti locali non bastano a riequilibrare un argine che funziona solo in parte: «C’è un rapporto storico di molti imprenditori con i governatori della Lega in Veneto, Lombardia e Friuli - sostiene il presidente -. Ma la Lega non deve fare l’errore di dar per scontato che si possono far passare errori a livello nazionale, in forza dell’ottimo rapporto locale con i ceti produttivi». E poi l’altro avvertimento, sull’autonomia: «Attenzione, non tutti sono come Zaia. Se affidassimo la delega all’energia alla Puglia ci bloccherebbe il gasdotto, facendoci pagare più cara l’energia».
Ma l’adesione convinta degli Industriali all’autonomia resta tale: «Se intervista gli imprenditori oggi li troverà favorevoli - dice Vescovi al direttore del Foglio, Claudio Cerasa, con cui dialoga sul palco -. I veneti rivendicano il diritto a una buona gestione. Giudicheremo tantissimo il governo su questo. Se ci faranno lo scherzetto di infognare il provvedimento in parlamento, il nostro giudizio non sarà più tanto pacato. Il governo non ha dato segni di taglio alle spese. Eppure basterebbe applicare i costi standard: possibile che le siringhe in Lazio non possano costare come in Veneto?».
Vescovi approfondisce poi la manovra. Sospende il giudizio: «Lo so che avremmo tutti la volontà di sparare sul governo.Però sappiamo anche che rimarrà lì cinque anni: diamo tempo e siamo a disposizione». Pur se il giudizio di partenza non è tenero: «Sono pessimista sul Def: il deficit al 2,4% rischia di salire al 3,5% e oltre. Il passaggio in Parlamento non sarà migliorativo». Ma la distinzione tra Lega e Cinque Stelle è chiara: «La Lega ha una lunga storia, ha fatto crescere una classe dirigente. Poi esiste un’altra componente del governo appena nata che deve crescere». E come Confindustria guardi alle due parti è chiaro quando a Vescovi chiedono che domanda farebbe ai due uomini forti: «A Di Maio perché è andato sul balcone a dire ‘ce l’abbiamo fatta’. Una stupidaggine; e poi i balconi portano sfiga. A 32 anni ha una vita per studiare, Il suo collega Giorgetti è preparatissimo e il ministro Stefani è disponibile e approfondisce: abbia l’umiltà di ascoltarli». Poi Salvini: «Politico navigato, intelligentissimo, più moderato di quel che appare. Attore straordinario. Abbassi i toni e governi nell’interesse del Paese, senza spararne una tutti i giorni come Trump».