Profughi sotto quota diecimila «Da mesi non ne arrivano più»
Le cooperative: «Ma ora dobbiamo dare casa e lavoro a chi ne ha diritto»
Ieri gli operai stavano portando via le ultime cose: letti, materassi, suppellettili. E’ proprio vero, l’hub di accoglienza migranti a Bagnoli è chiuso, almeno fino a quando il ministero dell’Interno non deciderà se e dove collocare nel Veneto il primo Centro di identificazione ed espulsione dei clandestini. Ma nel frattempo il sindaco di centrosinistra Roberto Milan festeggia, i cittadini lo fermano per strada per stringergli la mano e congratularsi e tutti aspettano il governatore Luca Zaia alla sagra del paese, per una cena che coroni la gioia comune donata da Matteo Salvini, «il ministro che ha fatto in pochi mesi ciò che, in tre anni, otto parlamentari veneti e i suoi predecessori hanno solo promesso», per dirla con Milan. Dal canto suo Salvini commenta: «Sono contento e orgoglioso che anche il sindaco, non certo un leghista, mi abbia ringraziato pubblicamente. Dalle parole ai fatti!».
Un risultato che il destino amplifica con il minor numero di richiedenti asilo presenti in Veneto dall’agosto 2015, quando erano «appena» 6mila. Gli ultimi dati ufficiali comunicati dalle prefetture e relativi al mese in corso parlano infatti di 9869 presenti nei centri di accoglienza, oltre ai 596 accolti nei progetti Sprar dei Comuni per l’inserimento lavorativo, perchè già riconosciuti profughi. Tutte le sette province indicano un numero di migranti inferiore alla quota loro assegnata dal Viminale: Verona ne conta 2214 (la quota è di 2400); Padova 2036 (2455); Venezia 1659 (2075); Treviso 1606 (2336); Vicenza 1527 (2290); Rovigo 430 (646); Belluno 397 (559). Ora l’obiettivo è chiudere pure la base di Cona, che ospita ancora 388 persone, contro le 1407 del luglio 2017, massimo storico. Dal 2014 nella regione sono transitati 39.034 richiedenti asilo: 19.321 (il 55%) si sono visti respingere dalle commissioni prefettizie lo status di profugo e sono spariti.
«Prosegue la distribuzione nell’accoglienza diffusa degli ospiti di Cona — fa sapere la prefettura di Venezia —. La prossima settimana andranno via 18». E per la prima volta non si teme che all’uscita corrispondano nuovi arrivi: l’ultimo contingente approdato in Veneto risale a primavera.
Ma non tutti festeggiano. Per esempio a Noventa Padovana, Comune che ha accolto 15 degli ultimi cento profughi usciti da Bagnoli (e redistribuiti nella provincia), a protestare sono i consiglieri comunali della Lega. «Chiamino il loro ministro, che con una mano chiude Bagnoli e con l’altra ne invia gli occupanti sempre agli stessi paesi già impegnati a fare la loro parte — dice il sindaco Alessandro Bisato, che è anche il segretario regionale del Pd —. Adesso il nostro centro di accoglienza insediato all’Hotel Paradiso ne registra una settantina ma, secondo l’accordo firmato da Anci e ministero dell’Interno che ne assegna tre per mille abitanti, Noventa dovrebbe averne 33 in base ai propri 11.300 residenti. Sono contento della chiusura dell’hub di Bagnoli e confermo ciò che ho sempre detto: sono disposto a fare la mia parte, ma ci devono essere regole chiare e uguali per tutti. I migranti non vanno indirizzati sempre ai soliti Comuni perchè negli altri la politica scende in piazza».
Qualche problema lo manifesta anche la ventina di cooperative impegnate nell’accoglienza. «Ora che non dobbiamo più inseguire l’emergenza possiamo programmare l’integrazione sociale — spiega Loris Cervato, responsabile del Sociale per Legacoop Veneto —. Ma restano due nodi da risolvere: l’impiego e la casa per coloro che sono nei progetti Sprar ma non hanno ancora ottenuto il permesso di soggiorno. Non possiamo certo farli lavorare in nero, vanno regolarizzati, per la loro sicurezza e per la tranquillità delle coop che li seguono, ma mancano leggi ad hoc. Per di più se nel capitolato di gara o nella convenzione sottoscritta con le prefetture non è previsto che nei 35 euro al giorno a profugo corrisposti dal Viminale a chi li ospita siano compresi corsi di italiano e di formazione, tante cooperative e associazioni non li fanno. Eppure per ovviare a tale carenza due anni fa Legacoopsociali, Anci e ministero hanno firmato la Carta della buona accoglienza, che li prevede comunque». Quanto alla casa, Legacoop ha avviato a Padova, Venezia e Verona esperienze di «Housing sociale»: appartamenti di cooperative, Comuni, parrocchie e associazioni accolgono migranti in formazione lavoro che pagano un affitto calmierato, basato sul reddito. L’importo varia da 150 a 350 euro al mese.