La figlia di Davide Turazza in polizia
Nicol ha perso padre e zio, uccisi in servizio: ora sta frequentando il corso a Peschiera
Quel «Lo giuro» che anche suo padre e suo zio hanno urlato, lei lo scandirà a dicembre. Lei è l’allieva della Scuola della Polizia di Stato di Peschiera che domenica ha accompagnato a Roma Maria Teresa Turazza. Quella ragazza che non ha proferito parola e a cui qualcuno si è rivolto solo dopo la fine della cerimonia, è Nicol Turazza. La figlia di Davide. La nipote che Massimiliano non ha mai conosciuto. E Maria Teresa è sua nonna.
Quel «Lo giuro» che anche suo padre e suo zio hanno urlato, lei lo scandirà a dicembre.
Lei è l’allieva della Scuola della Polizia di Stato di Peschiera che domenica ha accompagnato a Roma Maria Teresa Turazza. Erano insieme durante il viaggio, l’ha «scortata» su quel palco dove il presidente della Repubblica Sergio Mattarella le ha consegnato l’onoreficenza di commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana «per il suo generoso e instancabile impegno sociale e civile, malgrado la sua difficile esperienza». Quella della madre di due figli poliziotti. Non ce li ha più, Maria Teresa, quei due figli. Ammazzati tutti e due. Massimiliano che aveva scoperto una banda di rapinatori. Davide che voleva fermare l’omicidio di una prostituta. Anche quell’allieva della scuola di polizia che l’accompagnava non ha più un padre e uno zio. Perché quella ragazza che non ha proferito parola e a cui qualcuno si è rivolto solo dopo la fine della cerimonia, è Nicol Turazza. La figlia di Davide. La nipote che Massimiliano non ha mai conosciuto. E Maria Teresa è sua nonna. Ha deciso, Nicol, di mettersi la stessa divisa con cui sono morti suo padre e suo zio. E lo ha fatto, volutamente, senza clamori. Non lo ha sbandierato, Nicol. Ha semplicemente fatto quello che fece anche suo padre. Suo zio Massimiliano quando morì il 19 ottobre 1994, era agente alle volanti. Davide decise che voleva fare la stessa cosa. Si arruolò un anno dopo. E volle andare in quella sezione. Poteva scegliere un posto defilato, come è previsto per chi è parente di un caduto in servizio. Ma Davide s’impuntò. «Operativo», chiese.
E andò anche lui sulle pantere. Adesso è la volta di Nicol. Aveva otto anni quando suo padre morì. Quella sera lui la salutò con il bacio della buonanotte prima di andare in servizio. Vennero da Roma due giorni dopo gli psicologi della polizia a spiegarle che suo padre era stato ammazzato. Lei ha sempre raccontato che da quel momento si è sentita diversa dagli altri. È cresciuta in fretta, Nicol. È diventata protettiva verso Lara, la sua sorella più piccola. Ha deciso di studiare Legge. Il primo pensiero è stato quello della magistratura. Ma l’idea di entrare in polizia in realtà era germogliata da tempo.
Nessun eroismo, Nicol. Crescere senza un padre, con una mamma - Debora - che si barcamena per non farti sentire quella mancanza, ti insegna il realismo. E Nicol è assolutamente realista. Quando le si chiedeva se mai un giorno sarebbe entrare in polizia ha sempre risposto che «quella possibilità c’è, ma non andrei alle volanti. Non sfido il destino...».
Ha faticato a dire a sua mamma che si sarebbe messa la divisa di suo padre, Nicol. Debora ha perso un marito e un cognato. Ma lo ha visto in Davide, a cui Nicol assomiglia anche nel carattere, che i Turazza non sono gente a cui si riesce a far cambiare idea. Ha deciso di condividere la scelta di sua figlia, Debora. Ne è orgogliosa. E la paura scema con la prospettiva che sua figlia non andrà alle volanti. Vuole come suo padre un ruolo «operativo», Nicol. Finita la scuola e presa la laurea in legge farà probabilmente il concorso per commissario.
Vuole una vita come quella dei suoi compagni al 202esimo corso della Scuola di Polizia, Nicol. Ha sempre detto che suo padre e suo zio lei li porta sempre con sé. Ma non vuole essere un «caso umano». Meno che meno in divisa.
Così domenica ha fatto quello che hanno fatto gli altri allievi. In divisa ha «scortato» una delle persone che hanno ricevuto riconoscimenti alla cerimonia per i 50 anni dell’Anps, l’associazione nazionale Polizia di Stato. Ha scortato sua nonna. Si è messa sull’attenti e ha fatto il saluto quando è stata davanti al presidente Mattarella, al ministro dell’Interno Matteo Salvini, al Capo della Polizia Alessandro Pansa. Loro probabilmente non sapevano chi fosse quella giovane allieva e si sono concentrati su Maria Teresa.
Lei, Nicol, ha fatto quello che deve fare ogni allievo in queste occasioni. È stata zitta, anche quando Mattarella ha parlato con sua nonna. Talmente defilata, Nicol, che anche la vice presidente della Camera Mara Carfagna quando ha postato una foto con lei e Maria Teresa, non l’ha citata. Perché, probabilmente, non sapeva chi fosse. Domenica se non per tutti per molti, Nicol è stata solo una delle tante aspiranti poliziotte. Non quella bambina orfana di padre e di zio che a stringere mani, a salire sui palchi delle commemorazioni e a ricevere carezze, si è dovuta abituare quando aveva otto anni e la portarono nel turbinio dei funerali di Stato per Davide e Giuseppe Cimarrusti a San Zeno.
Sulla divisa di Davide c’è la «qualifica», o più comunemente i «gradi», di assistente. Su quella di Nicol al momento non c’è nulla. A dicembre, quando finirà il corso, lei e i suoi compagni potranno mettersi gli alamari. Saranno quelli da «agente in prova». L’agente della Polizia di Stato Nicol Turazza, figlia dell’ assistente Davide Turazza e nipote dell’agente scelto Massimiliano Turazza.
L’«allieva» Ha «scortato» la nonna davanti al Capo dello Stato senza che nessuno sapesse che era la nipote, figlia di uno dei due fratelli poliziotti uccisi