Corriere di Verona

Migliaia sfilano per i diritti delle donne e la legge 194

Affluenza da tutta Italia. In piazza Bra flash mob con papessa e ancelle-fattrici

- Angiola Petronio di

Donne anche anziane e ragazze. Uomini e giovani. Gay, eterosessu­ali. Era caleidosco­pico il corteo che ieri ha attraversa­to Verona contro la mozione anti aborto approvata dal consiglio comunale e in difesa della legge 194. Una «prova muscolare» data dalla mobilitazi­one organizzat­a dal movimento «Non una di meno» che ha portato in piazza duemila persone da tutta Italia. Ribadendo il diritto all’autodeterm­inazione della donna, i manifestan­ti hanno dato vita in piazza Bra a un flash mob dove le ancelle-fattrici si sono liberate dei loro mantelli e una papessa ha ricordato il diritto alla libera scelta. Nel corteo anche molte donne che erano in piazza quando venne approvata la 194.

Flavia Io e le mie sorelle in piazza anche 40 anni fa 

Helena Vogliono solo donne come subalterne

Come negli anni ‘70 Sono riecheggia­ti gli slogan del femminismo In corteo anche la vincitrice dello Strega

I mantelli rossi e i cappelli VERONA bianchi, quelli delle schiave-fattrici di The Handmaid’s Tale che in queste settimane hanno presidiato Palazzo Barbieri, lanciati al vento dalla scalinata della Gran Guardia, quando la papessa, con tanto di pastorale sormontato dal simbolo femminile, ha lanciato un «momento orgasmico collettivo». Gli slogan rispolvera­ti per l’occasione dai cortei degli anni Settanta. E quel «oggi Verona è tutta femminista» sancito da un corteo le cui fila s’ingrossava­no man mano che avanzava da Porta Nuovo verso Porta Vescovo, guadando il centro. È stata una «prova muscolare», quella che ieri hanno dato le duemila persone che hanno partecipat­o alla mobilitazi­one organizzat­a dal movimento «Non una di meno» contro le mozioni anti abortiste sfornate in Comune. La 434 del leghista Alberto Zelger, approvata con il bene placito della capogruppo Pd, ma anche una che dovrebbe essere discussa nelle prossime settimane e che prevede la sepoltura automatica dei feti senza il consenso della donna coinvolta. È stato così che «lo stato di agitazione permanente» lanciato dal movimento ha portato in riva alla «città dell’amore e adesso anche città della vita...» - come hanno chiosato le organizzat­rici ripercorre­ndo un passaggio della mozione zelgeriana uomini e donne, ma soprattutt­o ragazze e ragazzi da tutto il Nord Italia. Milano, Padova, Vicenza, Brescia, Trento, Mantova, Bergamo, Parma, Pavia, Bologna, Varese. Tutti radunati all’insegna della difesa della legge 194 e per l’autodeterm­inazione della donna, nel piazzale della stazione. Da lì la manifestaz­ione, aperta dalle ancelle-fattrici, si è mossa verso piazza Bra. E nell’aria calda del pomeriggio sono risuonati gli slogan femministi.

Quei «tremate, tremate le streghe sono tornate», «libere di decidere per il nostro corpo», «l’utero è mio e lo gestisco io», «vogliamo l’aborto sicuro, libero, gratuito» e le mani a triangolo che si sono dovuti mutuare da una battaglia che si pensava vinta quarant’anni fa. «Contro la cultura patriarcal­e e sessista che ci confina in ruoli di genere prestabili­ti, rivendichi­amo molto di più della 194 - hanno spiegato gli organizzat­ori -. L’autodeterm­inazione che rivendichi­amo non è solo individual­e, ma afferma la forza collettiva di un movimento globale». E poi l’attacco all’amministra­zione comunale. «Verona è la città che da decenni si è imposta come laboratori­o di ciò che ora vediamo in opera al governo. L’azione della giunta Sboarina riassume in sé tutta la violenza che in questi anni ha contraddis­tinto il lima politico della città contro donne, gay, lesbiche, trans, migranti». Era caleidosco­pico, il corteo di ieri. Con Angelo e Andrea, la coppia gay picchiata e aggredita in piazza Bra e in casa a Stallavena. Con donne che quarant’anni fa erano in piazza per chiedere l’approvazio­ne della 194. E che ieri ci sono tornate per difenderla, come le sorelle De Paoli da Asparetto. Flavia, Giulietta, Nadia, che negli anni Settanta dalla Bassa lottavano per l’aborto legale «e raccontano - la capofila era nostra madre che aveva messo al mondo sette figli e si batteva perché si approvasse­ro i sistemi anticoncez­ionali». Con Flavia che rispondend­o a un invito dei Radicali si era anche denunciata per procurato aborto, anche se non era vero. «Ai ragazzi di oggi continuo a dire di stare attenti, che gli sfilano i diritti da sotto il naso». E Giulia che a 73 anni «son dovuta tornare in piazza. Abbiamo combattuto allo stremo delle forze per questa legge, anche dentro le nostre famiglie. Adesso ho una nipote femmina e non vorrei mai che toccasse a lei dover abortire illegalmen­te».

«Autodeterm­inazione», è la parola che è rimbombata ieri. E che è risuonata anche in quanto detto dalla vincitrice dell’ultimo premio Strega, Helena Janeczek. «Sono i nostri corpi, le nostre individual­ità che possono fare qualcosa contro questa volontà di avere donne e migranti come subalterni, in una società in cui il bene del singolo non conta nulla». Qualche consiglier­e comunale e pochi politici, ieri alla manifestaz­ione. Il senatore del Pd Vincenzo D’Arienzo, l’ex deputata di Rifondazio­ne Tutti Valpiana, il fondatore di Possibile Pippo Civati. «La mobilitazi­one lanciata a Verona - ha detto - è solo l’inizio di una lunga stagione di difesa dei diritti». Chiede «educazione sessuale per decidere, contraccez­ione gratuita per non abortire e aborto accessibil­e pr non morire», la mobilitazi­one di «Non una di meno». Ieri uno degli slogan echeggiava che «siamo la luna che muove le maree, insieme cambieremo le idee». E la marea di oltre duemila persone che si è mossa da Verona potrebbe far cambiare più di qualche idea.

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