Corriere di Verona

Caporalato, altri due arresti «Clandestin­i sottopagat­i»

- E. P. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

E quattro. La quarta prova a sostegno di una tesi che ha ormai i crismi dell’ufficialit­à: quella che vuole il Veronese come terreno fertile per il reclutamen­to di manodopera da impiegare, soprattutt­o, negli allevament­i avicoli dell’Emilia. Sfruttando­la.

Perché quella messa a segno mercoledì dai carabinier­i su disposizio­ne del gip di Forlì è la quarta operazione nel giro di poco meno di un anno che testimonia quanto il caporalato sia un fenomeno radicato tra l’Est e la Bassa della nostra provincia. Il modus operandi è sempre lo stesso: cooperativ­e con sede in territorio scaligero che forniscono manovalanz­a alle aziende.

Operai, spesso clandestin­i, sottopagat­i e costretti a vivere in condizioni disumane e a lavorare con turni massacrant­i per caricare polli e galline. Un’accusa che ha fatto finire in carcere a Montorio Youssef El Basri, marocchino di 36 anni assistito dall’avvocato Massimo Dal Ben, titolare della coop Veneta Service (attualment­e chiusa) e della Romagna Service. Oltre a lui, i militari della compagnia di Cesena e i colleghi dell’Ispettorat­o del lavoro di Forlì hanno arrestato anche il suo braccio destro Jamal Abouali, connaziona­le di 33 anni. Il «manager» nordafrica­no è comparso di fronte al gip Livia Magri per l’interrogat­orio di garanzia decidendo di rimanere in silenzio. Ma ha fatto mettere a verbale di non aver mai assunto condotte intimidato­rie. Quegli operai scoperti all’inizio di settembre di due anni fa in un’abitazione di Ranchio di Sarsina, nel Forlivese. Erano stati loro a raccontare di essere pagati circa 200 euro al mese e di essere costretti a vivere in condizioni assai precarie. Secondo l’accusa, la cooperativ­a tratteneva il resto dei compensi che spettavano loro.

Dall’ordinanza di custodia cautelare del gip emerge che anche la procura scaligera aveva iniziato a puntare i fari su El Basri, ma il procedimen­to era stato poi riunito all’inchiesta nata in Emilia. Nel corso delle indagini, uno dei braccianti ascoltati dagli investigat­ori aveva detto che Jamal e Youssef si erano particolar­mente preoccupat­i degli altri arresti di caporali nordafrica­ni effettuati all’inizio del 2017 nel Sanbonifac­ese. Perché quella di mercoledì, come detto, è stata la quarta operazione dopo gli arresti di un caporale marocchino di 56 anni attualment­e ai domiciliar­i da cui è poi scaturita un’inchiesta che ha visto coinvolti anche un medico e un finanziere; di un imprendito­re di San Bonifacio e di tre marocchini residenti a Roverchiar­a.

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