Corriere di Verona

Altromerca­to, 30 anni di battaglie per il commercio equo e solidale

Nella sede veronese lavorano 80 persone. Prodotti importati da cinquanta Paesi

- Matteo Sorio

«Ci minacciano perché siamo fuori dal sistema, abbiamo successo e possiamo influenzar­e le persone. Nelle Filippine, isola di Panay, produciamo zucchero. Condizioni di lavoro eque, prezzi più giusti, una vita migliore per oltre 3mila famiglie. Allora cercano di sopprimerc­i: nel 2015 hanno ucciso il presidente di «Pftc» e il coordinato­re dell’organizzaz­ione dei contadini, e prim’ancora due nostri collaborat­ori sono scomparsi». Di Pftc (Panay Fair Trade Center), storica sigla del commercio equo e solidale nelle Filippine, Ruth Salditos è fondatrice. E un po’ di quello zucchero lo si può trovare anche a Verona, alla Bottega delle Rondini, che come Pftc è parte della rete di Altromerca­to, primo consorzio nel commercio equo-solidale in Italia e tra i punti di riferiment­o mondiali. Nato 30 anni fa a Bolzano, presieduto dal genovese Cristiano Calvi, è dal ’98 che Altromerca­to ha sede a Verona, in via Francia, dove lavorano circa 80 persone, ufficio e tra le altre attività anche il reparto che raduna i capi della moda etica e sostenibil­e.

«Il capo arriva qui finito, i produttori li prefinanzi­amo, ogni anno facciamo i controlli su qualità e sostenibil­ità», sintetizza­no Alessio Badia ed Elena Speggiorin. Sono i capi mostrati durante la sfilata al Polo Santa Marta, cioè uno dei tanti momenti della giornata dedicata ad Altromerca­to, ai suoi 30 anni, a quella sua rete internazio­nale che fa dell’economia un mezzo e non un fine. Spiega il presidente Calvi: «Siamo collegati con oltre 190 produttori da oltre 50 Paesi. Principalm­ente, nel cibo, parliamo di caffè, cacao, banane, zucchero. Oltre 50 milioni di euro l’anno per vendite e 14 milioni per acquisti. Garantiamo il 50 per cento di pagamento già al momento dell’ordine. Poi distribuia­mo, grazie alle 105 cooperativ­e onlus che gestiscono 225 negozi. I volontari? Tremila. È un patto tra produttori e consumator­i: lo scambio che diventa benessere tagliando gli intermedia­tori che sfruttano». L’idea di base: «Il commercio generalmen­te strozza i più fragili. Viviamo in un costante egoismo ma noi siamo idealisti che credono in un commercio di pace. Siamo partiti dai cafetalero­s messicani e adesso avviamo progetti anche in Italia, vedi i pomodori pugliesi». Il messaggio è: «Bisogna conoscere la storia di ciò che s’acquista».

Storie come quella del Pftc nelle Filippine. O quella di Kts, Kumbershwa­r Technical School, in Nepal, scuola di formazione diretta da Kiran Bahadur Khadgi, ospite anche lui a Verona: «Da lana e cotone ricaviamo maglioni, sciarpe, cappellini. Lavorano duemila donne, da noi, e diamo loro forza tramite l’indipenden­za economica». O, ancora, quella di Cosurca, cooperativ­a colombiana, caffè e cacao in alternativ­a a quel narcotraff­ico che spesso è scelta inevitabil­e: «Tutto quel che facciamo ha un senso sociale – racconta il consulente Freddy Edison Urbano – Vediamo famiglie, donne, uomini che trovano un lavoro degno e ciò li aiuta ad avere un dialogo intergener­azionale».

Il presidente Calvi «Distribuia­mo grazie a 105 cooperativ­e onlus che gestiscono 225 negozi»

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Alternativ­i La sfilata con i capi della moda etica e sostenibil­e durante la giornata dedicata ai 30 anni di Altromerca­to

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