«Per Pasta Zara meglio una soluzione industriale»
La via del concordato misto. I sindacati: «Attendiamo piani precisi»
«In casi come quelli di Pasta Zara ho sempre detto di preferire a un investitore finanziario la soluzione di un partner industriale. Nel breve periodo il prezzo da pagare sarebbe più alto, non foss’altro che per la ristrutturazione che un socio imprenditoriale in simili circostanze metterebbe subito in atto. Ma, in prospettiva, ci sarebbe un orizzonte di stabilità molto più esteso». Il punto di vista è di Maurizio Castro, già manager di Electrolux e commissario straordinario nella cessione della Acc di Mel ai cinesi di Wanbao, ovviamente sulla base delle informazioni frammentarie che filtrano.
Il gruppo alimentare di Riese Pio X, in un contesto di concordato «in bianco» da chiudere entro il 7 dicembre, starebbe valutando le proposte di tre fondi e una di un soggetto industriale. Dopo quella di Pillarstone-Finint, sul tavolo ci sono i piani di Jp MorganOne33 e di Cheyne Capital. Tutti in sostanza orientati ad acquisire interamente Pasta Zara con un’iniezione di nuova finanza per 30 milioni e dell’impegno a corrispondere ai creditori chirografari dal 40% al 44% di quanto dovuto (240 milioni più 50 della holding di casa Bragagnolo, la Ffauf). Sul pretendente industriale l’identità non sarebbe stata svelata alle banche; i rumors parlavano della spagnola Ebro foods, se non addirittura chiamavano in causa Barilla. L’offerta punta all’avanzatissimo impianto triestino di Muggia, per cui l’offerta sarebbe vicina ai 120 milioni, e su cui Pasta Zara aveva avviato una perizia nei mesi scorsi. A cui verrebbero aggiunti contratti di lavorazione per Pasta Zara, ad esempio un co-packing, che aiuterebbe a sostenere i margini.
Sulla base degli indizi, l’uscita dalla crisi con la soluzione industriale parrebbe configurarsi lungo un concordato misto. Un mix, cioè, fra la cessione di ramo d’azienda e un concordato in continuità per gli asset non ceduti. Si sa che i circa 120 milioni ricavati dalla vendita di Muggia garantirebbero subito, all’omologa, il 33% dei crediti chirografari. A quel punto è razionale pensare che la Pasta Zara ristretta a Riese e Rovato, con in più i contratti dell’acquirente, continuerebbe a operare in continuità realizzando in un arco temporale stabilito, di solito in questi casi cinque anni, altri ricavi per rimborsare i creditori, per una cifra pari al valore degli asset detratti i costi di produzione. Il meccanismo permetterebbe ai Bragagnolo di conservare la proprietà, a differenza delle proposte dei fondi.
«In linea generale, in situazioni come questa la soluzione ideale mette insieme una proposta industriale con una finanziaria, proprio per evitare di sottovalutare uno dei due aspetti in gioco», aggiunge Giovanni Gajo, presidente onorario di Alcedo sgr.
Intanto, sul piano più direttamente operativo, a preferire in prima battuta una soluzione industriale sono anche i sindacati. «In generale – osserva Michele Gervasutti, segretario Uila Uil di Treviso – un partner industriale è più ‘sul pezzo’ e capisce subito dove intervenire per correggere una rotta sbagliata. Ma ragioniamo al buio. Il nostro giudizio sarà dettato solo da come l’operazione impatterà sulla forza lavoro. Continuiamo a sentirci esclusi e destinatari di richieste prive di senso in mancanza di piani precisi da parte di soggetti precisi».