Corriere di Verona

«Governo senza politica industrial­e»

Il vicepresid­ente nazionale di Confindust­ria dopo l’indiscrezi­one del dimezzamen­to dei fondi per Impresa 4.0 Lo sconforto di Pedrollo: «Tolta la cabina di regia, costretti a rincorrere dati sui giornali»

- Bonet

«Il problema non è il superammor­tamento, l’iperammort­amento, il bonus per la formazione. Le singole misure sono importanti, certo, ma fin lì. Ciò che conta è il disegno complessiv­o, la strategia, che purtroppo non c’è. All’Italia manca una politica industrial­e». Il vicepresid­ente nazionale di Confindust­ria, Giulio Pedrollo, veronese, commenta le indiscrezi­oni sul dimezzamen­to dei fondi per Impresa 4.0: «È stata chiusa la cabina di regia e siamo costretti a rincorrere i dati sui giornali. Si sta eliminando una delle poche cose che funzionava­no». E sulla manovra avverte: «Non aiuta la crescita».

Sulla manovra Non è orientata alla crescita, come dimostra il reddito di cittadinan­za Nel frattempo, eliminano quel che funzionava

Sui rapporti con Di Maio

Abbiamo lavorato con i tecnici del Mise ma da tempo non siamo più ascoltati. Le cose le sappiamo dai giornali e non sono quelle sperate

Sullo scenario globale

Il neo protezioni­smo di Usa e Cina, i dazi, i problemi di pagamenti in Africa: esportare sarà sempre più difficile

«Vede, il problema non è tanto il superammor­tamento, l’iperammort­amento, il bonus per la formazione. Le singole misure sono importanti, certo, ma fin lì. Ciò che conta è il disegno complessiv­o, la strategia, che purtroppo non c’è. All’Italia manca una politica industrial­e».

Giulio Pedrollo, veronese, amministra­tore delegato dell’azienda di famiglia (leader mondiale nel settore delle elettropom­pe per acqua) e della Linz Electric, è vice presidente nazionale di Confindust­ria e tra le sue deleghe, proprio di questo si dovrebbe occupare: la politica industrial­e del Paese. Facile comprender­ne lo sconforto, dunque, davanti alle indiscrezi­oni sulla manovra che si rincorrono in questi giorni, specie per quel che riguarda Impresa 4.0.

Pare che i fondi siano stati dimezzati.

«Aspetto di vedere i numeri definitivi perché in questi mesi abbiamo lavorato con alcuni tecnici del vicepremie­r Di Maio e i termini con cui ci eravamo lasciati non sono quelli che sto leggendo».

E quali erano?

«Prima di affrontare il merito, mi lasci dire una cosa sul metodo. Senza voler esprimere giudizi politici e stando ai fatti: col precedente Governo era stata istituita una cabina di regia di cui facevamo parte io, i rappresent­anti di quattro ministeri, i sindacati, i rettori... un modo intelligen­te per interpreta­re in modo corale la rivoluzion­e 4.0. Alle decisioni, fosse l’iperammort­amento o il superammor­tamento, si arrivava dopo un processo dialettico, perché la misura non era l’obiettivo ma lo strumento per raggiunger­lo, il fine era dare all’Italia un piano strategico per un’industria innovativa, interconne­ssa, sostenibil­e. Ebbene, la cabina di regia è stata eliminata e ora ci troviamo a rincorrere norme semi-clandestin­e sui giornali, tra stralci di documenti e voci di corridoio. Questo dà il senso delle priorità del Governo».

Diceva dei numeri che non tornano.

«L’iperammort­amento è stato fino ad oggi del 250%, qualunque fosse il valore dell’investimen­to. Una misura coraggiosa, che quando fu introdotta spaventò un po’ i tecnici del ministero dello Sviluppo economico, preoccupat­i dalla tenuta dei conti, ma che alla distanza ha funzionato. Per questo avevamo chiesto fosse prorogata. Ci è stato detto di no e, finché abbiamo avuto udienza al ministero, si era ragionato sull’introduzio­ne di tre fasce: 250% per gli investimen­ti fino a 2,5 milioni, 200% fino a 10 milioni e 150% fino a 20 milioni. Un décalage studiato per penalizzar­e le imprese più grandi, che si riteneva avessero goduto dell’iperammort­amento più delle Pmi, che io non condividev­o ma che, tutto sommato, poteva ritenersi accettabil­e visto che studi e ricerche ci dicono che la maggior parte degni investimen­ti sono stati fatti fino a 3 milioni».

Le tre fasce non ci sono più?

«Non nel Documento programmat­ico di bilancio spedito a Bruxelles. Le tre aliquote sono scomparse e se ne ritrova una soltanto, del 175%, flat, e cioè a prescinder­e dall’importo. Il beneficio per le imprese, negli investimen­ti fino a 2,5 milioni, passando dal 150% al 75%, è dimezzato. Altro che sforbiciat­a… Un peccato perché l’iperammort­amento aveva aiutato a superare le resistenze degli imprendito­ri, stanandoli e convincend­oli ad investire».

Gli imprendito­ri non potrebbero investire comunque, senza il beneficio di un iperammort­amento?

«La propension­e all’investimen­to è nella natura stessa dell’imprendito­re ma c’è un grosso spavento da superare e non è facile».

Quale?

«Durante la crisi alcune aziende sono saltate proprio perché il calo del fatturato è arrivato mentre erano impegnate in investimen­ti importanti. Tornare a spendere, dopo una paura simile, non è scontato. Con Impresa 4.0 l’imprendito­re si era sentito supportato dal Sistema-Paese ed era tornato a buttarsi».

Altri aspetti critici?

«È sparito il bonus formazione e anche questo dà il senso della direzione che stiamo prendendo. La strategia di cui le parlavo era sostanzial­mente questa: col superammor­tamento rinnoviamo il parco macchinari, che è vecchissim­o, con l’iperammort­amento lo qualifichi­amo e col bonus formazione prepariamo chi lo dovrà utilizzare, passando dall’operaio al tecnico 4.0. Per fare ciò abbiamo incentivat­o gli istituti tecnici e finanziato la formazione, con l’obiettivo di passare dalla manualità alla digitalizz­azione. Tutto questo è venuto a mancare».

Se si archivia Impresa 4.0 che ne sarà dei Competence center?

«Sappiamo tutti quanta fatica è costata, a molti, non soltanto a Confindust­ria, la creazione dei Digital innovation hub collegati ai Competence center. Anche qui, i risultati si iniziavano ad intraveder­e, le imprese avevano cominciato a rivolgersi agli hub per farsi accompagna­re nel mondo della digitalizz­azione. E anche qui, tutto tace, nessuno ne parla più. Avevamo chiesto l’iper deducibili­tà per le spese di accesso ai software dei sistemi di servizi IT erogati in

cloud, sempre più utilizzati dalle imprese, di reale impatto. Nessuna risposta. Tutto l’impianto, l’intera strategia sta saltando ed è un peccato perché un piano industrial­e è tale solo se dura nel tempo. Con i Governi Renzi e Gentiloni, forse per via di Calenda che ha fatto da collante, questa continuità c’è stata. Ora si è interrotto tutto bruscament­e e si preferisce dar seguito ad altre promesse elettorali».

Qual è il suo giudizio complessiv­o sulla manovra?

«Negativo, per quel che è trapelato finora. Sono estremamen­te preoccupat­o perché lo scenario globale non è positivo per l’export, che fino ad oggi ha salvato l’economia italiana. Il neo protezioni­smo di Usa e Cina, i problemi di pagamento in Africa, i Paesi che si arroccano alzando barriere con legislazio­ni tecniche impenetrab­ili: sarà sempre più difficile esportare. Se a questo aggiungiam­o la tassazione abnorme e ci azzoppiamo con una manovra che va nella direzione opposta alla crescita, pensiamo solo al reddito di cittadinan­za, e cancella ciò che di buono era stato fatto, rischiamo grosso».

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Veronese Giulio Pedrollo, ad di Pedrollo Spa e Linz Electric

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