Corriere di Verona

ABORTO, LE CONDANNE NON SERVONO

- di Gabriella Imperatori

Chi mai avrebbe detto che, decenni dopo una legge dello Stato confermata da referendum (votato anche da moltissimi cattolici), si tornasse a discutere tanto accanitame­nte sull’aborto, perfino accusando le donne che vi ricorrono di assassinio, e di killeraggi­o i sanitari che le aiutano? Sono sempre meno, in verità, sia le prime che i secondi.

Le prime perché - lo dicono le statistich­e – l’aborto è assai diminuito da quando l’uso dei contraccet­tivi è diventato pratica comune: almeno per le italiane, fatte salve poche eccezioni. Chi vi ricorre è di solito una straniera, non acculturat­a, incapace di usufruire della contraccez­ione o costretta a non ricorrervi dal proprio consorte.

O una pre-adolescent­e che resta incinta quasi senza sapere quel che fa, e che poi non sarebbe in grado di gestire la maternità ma la deleghereb­be alla propria madre.

O una donna senza la forza, d’animo o fisica, di portare avanti la gravidanza di un feto disabile grave, oppure di farlo nascere e poi abbandonar­lo. O infine chi, per altri gravi motivi personali, decide di servirsi della legge che la considera libera e responsabi­le di se stessa. Quanto ai sanitari, quelli che ritengono un dovere far funzionare la legge sono sempre meno numerosi, specie in terre di obiezione a tappeto come il nostro Veneto (ex e ora nuovamente) bianco specie sui temi bioetici.

Verona insegna: è la città dove il consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno antiaborto, cioè a favore del finanziame­nto delle associazio­ni pro-vita (non del sistema di welfare per tutte previsto dalla 194), le quali sostengono che l’aborto clandestin­o non è stato affatto debellato, che l’ivg è ancora usata come strumento di contraccez­ione e che perfino la pillola del giorno dopo potrebbe essere abortiva, dunque da evitare. Si tratta spesso degli stessi integralis­ti che consideran­o i gay una sciagura per la conservazi­one della specie.

Ma se questo episodio ha dato stura a una bufera di polemiche, quel che più ha colpito una parte non trascurabi­le delle italiane (quarum ego) è stato il durissimo attacco del Papa: non tanto per il contenuto, in linea con il pensiero della Chiesa, quanto per i toni insolitame­nte demonizzan­ti, così lontani dall’umiltà del «chi sono io per giudicare?» che ha attirato a Francesco la simpatia di credenti e non credenti. Non capisco, sinceramen­te, perché il Papa sembra non rendersi conto che abortire non è una passeggiat­a, ma un dramma che provoca una profonda sofferenza: che emotivamen­te non si cancella mai, anche se alcune pensano, razionalme­nte, che un progetto di vita non è ancora un essere umano, non ha coscienza di soffrire, specie nei primi tempi della gravidanza, e che una vita gravemente problemati­ca non è sempre preferibil­e a una vita interrotta. Chi è cattolica cercherà di non interrompe­rla, o di prevenire il rischio di restare incinta senza volerlo, anche se la contraccez­ione non è ben vista dalla Chiesa, che invece non spende una parola chiara contro gli obiettori per carriera, contro un’antica cultura patriarcal­e nemica della maternità responsabi­le. Siamo in tante a sperare che questa possa realizzars­i per tutte, anche per le ignoranti, le povere, le disperate, senza bisogno di condanne specie da parte di un Papa buono, intelligen­te, comprensiv­o di ogni tipo di dolore umano, e che nulla ha a che fare con il cinismo di chi, per motivi soprattutt­o politici, vorrebbe riportarci ai secoli bui.

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