Clochard ucciso, il minore chiede lo sconto
Senzatetto arso vivo «per noia» nell’auto in cui dormiva. Due ragazzini sotto accusa
Doveva ancora compiere 18 anni quando alla fine del 2017, insieme a un amico appena 13enne (e dunque, in quanto tale, non imputabile), appiccò «per noia» - le parole sono le sue - il fuoco all’auto in cui stava dormendo un senzatetto. Ora il ragazzino, nel tentativo di garantirsi in caso di condanna lo «sconto» di un terzo sull’ammontare della pena finale, ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Risponderà dell’omicidio volontario di Ahmed Fdil.
Doveva ancora compiere 18 anni quando alla fine del 2017, insieme a un amico appena 13enne (e dunque, in quanto tale, non imputabile), appiccò «per noia» - le parole sono le sue - il fuoco all’auto in cui stava dormendo un senzatetto che in quel rogo morì. Per l’unico dei due giovanissimi processabile, la procura dei Minori di Venezia lo scorso giugno aveva chiesto il giudizio immediato accusandolo di omicidio volontario. Ora il ragazzino, nel tentativo di garantirsi in caso di condanna lo «sconto» di un terzo sull’ammontare della pena finale, ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato.
Quella maledetta notte sfociata in tragedia «abbiamo preso le salviette, poi siamo andati nel parcheggio dove c’era il Baffo (la vittima, ndr)
... Io ho acceso un pezzo e l’ho lanciato in avanti verso la macchina ma il pezzo è caduto a terra, ne sono certo. (...) Sono altrettanto certo che il mio amico ha buttato il fazzoletto acceso dentro l’auto». Una morte dai contorni raccapriccianti, quella del clochard dato alle fiamme e ucciso a Santa Maria di Zevio. Accadde la notte di Santa Lucia, il 13 dicembre del 2017: Ahmed «il Baffo» Fdil, 64 anni, di origini marocchine, «diventato senzatetto dopo essere rimasto senza lavoro», perse la vita in un incendio scoppiato nella sua auto. Stava dormendo, forse aveva esagerato con l’alcol: inizialmente si ipotizzò un evento accidentale. Invece le indagini svelarono poi una verità ben più agghiacciante: ad appiccare le fiamme costate la vita a Fdil erano stati quei due amici di 13 e 17 anni. Quando i carabinieri puntarono il dito contro di loro, lo ammisero con parole disarmanti: «In verità davamo molto fastidio a quel signore. Lo facevamo per noia». Ammazzato «per noia»: un movente assurdo quanto incredibile quello costato la vita a quel clochard «che si faceva benvolere da tutti». Lo ha confessato lo stesso 13enne: «Anche io - ha detto durante l’interrogatorio - ho messo a fuoco il fazzolettino di carta avvicinandolo all’accendino che il mio amico aveva acceso, con l’intenzione di fare uno scherzo a Baffo». Un delitto consumato «per noia», «per scherzo». Un gioco mortale.
E ora a invocare giustizia, tutelato dall’avvocato Alessandra Bocchi, c’è il nipote di Fdil: «Era un buono, che non ha mai fatto del male a nessuno. Perché ammazzarlo? Perché»? Per «scherzo», per «noia»: la verità più crudele.