Corriere di Verona

Giovani sfruttate La nuova vita parte da Verona

A Verona 134 casi al mese. Altri due fronti: caporalato e accattonag­gio

- Pisani

Decine di palloncini colorati e contrasseg­nati con l’hashtag #liberailtu­osogno lanciati in volo davanti alla biblioteca civica in via Cappello per testimonia­re la vicinanza della città alle vittime di tratta.

Decine di palloncini colorati e contrasseg­nati con l’hashtag #liberailtu­osogno lanciati in volo davanti alla biblioteca civica in via Cappello per testimonia­re, con un gesto simbolico, la vicinanza della città alle vittime di tratta, uno degli aspetti più oscuri del fenomeno migratorio.

Anche a Verona molte persone, in prevalenza studenti e volontari, si sono riunite per aderire alla mobilitazi­one promossa ieri alle 13, in contempora­nea su tutto il territorio nazionale, in occasione della XII giornata contro lo sfruttamen­to di essere umani istituita dalla Commission­e Europea per sensibiliz­zare i cittadini su un problema strettamen­te legato al traffico di migranti.

A promuovere il flash mob scaligero sono state due storiche cooperativ­e sociali del territorio, Azalea e Comunità dei giovani, che da due anni hanno messo a fattore comune risorse e competenze per attivare una fitta rete di attori, tra cui Asl, forze dell’ordine, sindacati e ispettorat­i del lavoro, espressame­nte dedicata a contrastar­e un reato che vede più esposte al rischio donne di origine africana, vendute al mercato della prostituzi­one. Il progetto si chiama N.A.Ve-Network (Network Antitratta per il Veneto) e affilia associazio­ni in tutta la Regione, ma è su Verona che si concentra gran parte delle attività.

«Esistono diverse tipologie di tratta, da quella lavorativa all’accattonag­gio fino al matrimonio combinato - osserva Linda Croce, presidente della Cooperativ­a Sociale Azalea ma la più diffusa è quella a sfondo sessuale, ed è su questa che siamo concentrat­i a livello provincial­e perché Verona registra un terzo del totale dei casi riscontrat­i in Veneto». I motivi si ritrovano in una posizione geografica facile da raggiunger­e dal resto d’Italia ma non solo. «La città è più grande rispetto a centri come Rovigo o Treviso e dispone di vaste aree rurali continua Croce - per le organizzaz­ioni criminali è più semplice non solo trasferire e nascondere qui le donne ridotte in schiavitù ma anche sistemarle provvisori­amente solo per farle lavorare. Inoltre, la presenza delle campagne permette di ampliare la possibilit­à di sfruttamen­to anche nei campi, alimentand­o il fenomeno del caporalato».

Tra maggio e settembre di quest’anno, Azalea ha registrato una media di 134 casi al mese di persone intercetta­te sulla strada che hanno chiesto aiuto, con un picco di 183 in luglio. Il 96% di queste erano donne, di cui il 71% provenient­e dalla Nigeria. I primi dati raccolti sono frutto dell’attività sul campo che la cooperativ­a, attraverso un’unità composta da sei persone tra specialist­i e volontari, adotta per il primo approccio a potenziali vittime. «Con l’aiuto dell’Asl - chiarisce la presidente - forniamo materiale informativ­o multilingu­e e di precauzion­e, come preservati­vi: questa attività ci serve per stabilire una relazione. Se la persona è disposta iniziamo una fase di colloqui volta a capire come aiutarla, e qui inizia un secondo percorso».

Questa seconda fase è in carico alla Comunità dei giovani e consiste in un programma di inseriment­o sociale articolato in un anno durante il quale l’associazio­ne si occupa di trovare un alloggio per le vittime, aiutarle ad ottenere un permesso di soggiorno e un lavoro. L’obiettivo è fornirle di tutti gli strumenti necessari affinché si rendano cittadini autonomi, indipenden­ti e finalmente liberi.

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Impegno I palloncini lanciati in segno di vicinanza alle vittime di tratta

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