«Scrivere per amore» Pacchiano vince con un romanzo corale
A Verona la cerimonia del concorso letterario. Un romanzo corale, la storia di un gruppo di ventenni negli anni ’60. «Cerco di unire la bellezza alla verità»
In nome degli assenti. Così è iniziata ieri sera al Teatro Nuovo la cerimonia di premiazione di Scrivere per Amore. Assente Giulio Tamassia, scomparso lo scorso giugno a 86 anni, ideatore e fondatore del Club di Giulietta e anima del premio, ricordato con affetto dalla città attraverso le parole dell’assessore alla Cultura Francesca Briani. Assente anche, per malanni di stagione, Elisabetta Gallina, presentatrice, accanto a Marco Ongaro, della manifestazione, sostituita dalla presidente del Club di Giulietta, Giovanna Tamassia. Proprio in ricordo di suo padre è stato consegnato dalla giuria tecnica, tutta veronese, il premio Tamassia, novità di questa ventitreesima edizione, a uno dei tre finalisti, lo scrittore milanese Giovanni Pacchiano. Il suo Gli anni facili (Bompiani), è stato il vincitore assoluto di quest’anno: ha conquistato infatti anche la giuria nazionale presieduta da Masolino D’Amico, critico teatrale e giornalista Milanese, laurea in Lettere classiche a Pisa, docente in vari licei milanesi e critico letterario per diversi giornali, Pacchiano è partito dalla «banale considerazione che le nostre stesse vite sono come dei film di cui non conosciamo il finale». Il suo è un romanzo corale, che racconta la storia di un gruppo di ventenni negli anni ’60. «Non potevo scegliere la prima o la terza persona – ha spiegato -, ma volevo arrivare a comporre una storia a più voci, dove lo stile e la narrazione varino continuamente». «Il suo romanzo – ha letto dalla motivazione della scelta D’Amico - si impone sugli altri grazie alle caratteristiche di generosità e ampiezza del racconto. Un romanzo dove si rievoca con sguardo affettuoso, non inquinato dalla nostalgia, la Milano degli anni ’60, teatro della storia di un giovane che avanza nella crescita di se
stesso affrontando svolte inaspettate». Escluse dalle premiazioni le altre due finaliste, Connie Palmen, nome di spicco nel panorama della letteratura olandese, con Tu l’hai detto, edito da Iperborea, e Sylvie Schenk, nata in Francia e trasferitasi poi in Germania, come la protagonista del suo romanzo Veloce è la vita (Keller), eletto dai librai tedeschi tra i cinque romanzi migliori dell’anno. Tra i brani dei romanzi letti di Paolo Valerio, la cerimonia ha permesso di conoscere il lavoro dei tre scrittori.
«Tre libri che non definirei semplicemente storie d’amore – ha aggiunto D’Amico – dove l’amore fa parte di tante altre cose. Sappiamo che se le storie d’amore funzionano, non sono letterariamente interessanti». Se il romanzo di Pacchiano è «polifonico», quello di Palmen è invece un monologo in cui l’autrice dà voce a Ted Huges che con Sylvia Plath ha costituito la coppia maledetta della letteratura contemporanea. Il romanzo di Sylvie Schenck infine è invece un dialogo dove la scrittrice ha scelto la seconda persona per raccontarsi. «Credo che nei libri debba esserci un rapporto costante tra bellezza e verità, quella interiore o quella del mondo - ha detto Giovanni Pacchiano -. Non potrei mai apprezzare un libro che non unisca queste due caratteristiche e che non tenga in mente i grandi libri del passato».