Bimbo morto, il pm incrimina papà e mamma
La procura: vanno processati. La difesa: sono innocenti ma optiamo per l’abbreviato
Morì dopo 10 mesi di coma: quando venne a mancare lo scosso luglio, il piccolo Nicola aveva appena 11 mesi di vita. E adesso, risultati autoptici alla mano, il pm è pronto a chiedere il processo per i genitori.
Dai sospetti alle conferme, dalle ipotesi iniziali alle risposte dei consulenti. A tre mesi dal dramma che ha posto fine ad altri dieci mesi di dramma, la procura tira le somme nella tragica vicenda del piccolo Nicola, morto a soli 11 mesi di vita dopo aver trascorso i precedenti 10 mesi attaccato a un respiratore, in coma. E adesso, con i responsi del medico legale Giovanna Del Balzo sul tavolo, l’inchiesta condotta dal pm Elisabetta Labate si chiude con l’incriminazione di entrambi i genitori del piccolo, venuto a mancare lo scorso luglio, per l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Avrebbero cagionato il decesso del figlio senza essere stati minimamente intenzionati a farlo: questa, dunque, la lettura giudiziaria che la procura traccia riguardo a un evento così tragico. Ma la difesa non concorda: entrambi i genitori si proclamano innocenti da mesi e insistono con fermezza nel ribadire di non aver mai voluto arrecare del male al figlioletto.
Secondo uno dei legali che li assiste, l’avvocato Massimo Ruffo, non sussisterebbe l’ipotesi di omicidio preterintenzionale ma, semmai, quella di Vani i soccorsi Il dramma cominciò il 26 settembre 2017, il giorno in cui i genitori fecero intervenire d’urgenza un’ambulanza «morte come conseguenza di altro reato». In ogni caso, da parte degli indagati, si procederà quasi certamente con la richiesta di rito abbreviato, scelta procedurale che in caso di condanna garantisce lo sconto di un terzo sull’ammontare dell’eventuale pena finale. Davanti al giudice per l’udienza preliminare, comunque, terranno banco le conclusioni dei rispettivi consulenti medicolegali (la difesa si è affidata al dottor Andrea Verzeletti) sulle cause che hanno portato purtroppo alla morte di Nicola.
A parere della procura, si sarebbe tratto della conseguenza di uno «scuotimento» troppo violento: nel nuovo capo d’imputazione da cui si dovrà difendere la coppia, si punta infatti l’indice contro «condotte di scuotimento» tali da causare nella creatura in così tenera età «lesioni irreversibili alle strutture encefaliche e retiniche». Movimenti evidentemente troppo vigorosi per un bimbo tanto piccolo, scosse così veementi da ridurlo «in stato vegetativo». Dagli accertamenti effettuati dagli esperti, sarebbero dunque spiegabili in questo modo quei «segni di traumi al capo» riscontrati nel bimbo veronese venuto a mancare a Borgo Trento la notte tra il 20 e il 21 luglio scorsi. Definitivamente escluso, quindi, che possa essere stata una patologia congenita a strapparlo a una vita che non ha mai vissuto. Un dramma immenso, quello che si è abbattuto sui genitori del bambino: 37 anni entrambi, veronesi, abitano in un comune a una quindicina di chilometri dal capoluogo e fin dall’inizio di questa tragica storia risultano le uniche due persone su cui punta il dito la magistratura. Cominciò tutto il 26 settembre 2017, il giorno in cui fecero intervenire d’urgenza un’ambulanza in casa per soccorrere il loro figlioletto che, all’epoca, aveva solo un mese. «Venite, presto, non respira più», aveva urlato sconvolta la mamma al telefono. Per la coppia ma soprattutto per Nicola, iniziò così un incubo che si sarebbe protratto per dieci interminabili mesi: circondato dalle disperate cure dei medici, attaccato 24 ore su 24 alle macchine,nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Borgo Trento. Una duplice tragedia i genitori, subito indagati per lesioni gravissime: ora, però, il pm chiederà per entrambi il processo per omicidio preterintenzionale.