Per la Cgil la crisi non è finita «Ripresa solo finanziaria, in 8 anni persi 11mila posti»
Il verbo non a caso è l’indicativo presente di «essere». Quel «lavoro è» che fa da slogan e da traccia al congresso provinciale della Cgil che si tiene anche oggi in fiera. Un’assise che sancisce, dopo due mandati, la fine della segreteria di Michele Corso che ieri ha tenuto la sua relazione. Ha usato la «visuale in filigrana», il segretario provinciale uscente.
Quella che permette di vedere e analizzare oltre alle dichiarazioni e alle iniziative di facciata.
E il messaggio di Corso è chiaro. «A livello nazionale si sta facendo un gran parlare della fine della crisi e della ripresa, ma alcuni studi dicono altro. Mancano all’appello un miliardo di ore di lavoro equivalenti a un milione e mezzo di lavoratori a tempo indeterminato. Una ripresa c’è, ma è solo di carattere finanziario non lavorativo».
Situazione che non risparmia neanche quella che una volta era la locomotiva del NordEst e che adesso deve fare i conti con un’industrializzazione sempre più spinta che porta alla perdita dell’identità anche economica. «Verona - ha analizzato Corso facendo il bilancio dei suoi otto anni di mandato - si difende bene perché é “ricca”, con le grandi aziende agroalimentari e un tessuto produttivo che esporta all’estero, ma “guardando con la filigrana” si vede anche che è la provincia veneta che ha fatto più ricorso ai voucher e dove c’è un’occupazione femminile tra le più martoriate se confrontata a quella maschile. C’è una compressione dei diritti del lavoro e questo non genera niente di positivo. In otto anni di crisi qui sono stati perso 11mila posti di lavoro, è stato spazzato via il settore termomeccanico che abbiamo ceduto a foni americani, sono quasi stati spazzati via quello manufatturiero e quello metalmeccanico»».
Corso il suo guanto di sfida l’ha lanciato: «la creazione di una rete composta dai sindacati, dalla politica e dagli imprenditori che metta al centro la questione del lavoro. E come sindacato dobbiamo tornare ad essere autorità salariale e recuperare la capacità di governare l’organizzazione del lavoro per contrastare la precarietà».
Ha sfondato la quota dei 60mila iscritti, la segreteria di Corso. «Vuol dire che il sindacato, la Cgil, sono vivi. L’amaro in bocca mi rimane per quei posti di lavoro che si potevano salvare, come nel caso del settore termomeccanico e che invece si è preferito svendere».
Corso A Verona c’è una compressione dei diritti dei lavoratori