In banca? «Inglese e leadership»
Tre grandi gruppi del credito e la rivoluzione del settore: «Rimettetevi in gioco»
«L’inglese va parlato a livello B2, cioè sciolto, quasi fosse la propria lingua», sottolinea Angelo Sartor, responsabile delle relazioni istituzionali e sindacali di Unicredit nel Nordest. «Le competenze digitali servono, sì, ma servono ancor di più le competenze “soft”, cioè leadership, capacità di risolvere problemi, stare in gruppo», riflette Sabina Leoni, responsabile sviluppo e formazione di Banco Bpm. «Il concetto di mansione, stretta e limitata a un ambito, è rottamato: i product manager oggi sanno anche di analisi funzionale», spiega Andrea Bellini, responsabile risorse umane di Widiba, la banca interamente online del Gruppo Mps, con Sartor peraltro a fargli eco: «Oggi il “cassiere” deve essere il primo consulente del cliente».
Il titolo dell’incontro era «Banche e lavoro: ieri, oggi e domani». E da quell’incontro, ieri, a Univerò – moderatore il coordinatore editoriale di Corriere Imprese, Alessandro Zuin – è uscito il ritratto di ciò che le banche chiedono, nel 2018 e in tempi di digitalizzazione, a chi entra nella «squadra» (parliamo, tra l’altro, di tre banche che oggi, dalle 9 alle 18, al Polo Santa Marta, saranno presenti col proprio desk per i colloqui con laureati e laureandi).
Ecco allora il quadro fornito da Sartor, Unicredit, 88mila dipendenti: «Dell’epoca in cui sono entrato in banca ricordo i grandi pacchi di curricula, che prendevi quasi a caso, senza fare attenzione ai titoli di studio. Bastava fossero diplomati, anche al liceo artistico, la lingua non aveva alcuna importanza, due parole e li assumevi. Adesso si cercano lauree in discipline economiche, valutazione almeno di 102/103. L’inglese deve essere parlato liberamente. E poi le competenze: è necessario essere preparati su tutto, sia temi d’attualità che tecnici». L’idea del crescere a bottega? «Di fatto si cresce ancora così – fa Sartor – però di partenza, alla base, si pretende molto di più. Aumentano anche le prospettive, va detto, perché la banca dà molte più opportunità di un tempo: se prima era un’attività prevalentemente amministrativa, un po’ fine a se stessa, ora puoi spaziare moltissimo, basta aver voglia di mettersi in gioco, anche perché dentro la banca stessa ci sono mille aree».
Riflette Sabina Leoni, di Banco Bpm, 23 mila dipendenti: «È cambiato il contesto di riferimento. Tutto interconnesso, sistema finanziario e comunicazioni. Viene chiesto di essere veloci e capaci di trovare soluzioni nuove». Flessibilità, insomma. «Bisogna saper reagire, sia a livello di gruppo manageriale che di singoli. Servono capi che lavorino a distanza e persone cui dare autonomia chiedendo in cambio intraprendenza. Le competenze digitali? Importanti, ma ancor più importanti le capacità di leadership, risoluzione dei problemi, ridefinizione continua delle proprie competenze, convivenza attiva in un gruppo di lavoro. A un colloquio? Privilegiamo le lauree, non necessariamente in ambito economico, voto da 105 in su».
C’è poi, come detto, il caso di Widiba, 230 dipendenti, tutto o quasi online: «Però facciamo anche consulenza – racconta Bellini – Una prima cosa da sapere è che oggi la conoscenza digitale e tecnica diventa presto obsoleta, quindi va sempre aggiornata e ampliata. Oltre a quella chiediamo ambizione per restare competitivi. E poi sono diventate fondamentali la leadership di chi sa portare a un tavolo le proprie ragioni, la capacità di relazione, di negoziazione, di tenere unito un gruppo». Gruppo che spesso è variegato: «A Widiba abbiamo persone che arrivano dalle telecomunicazioni, dal mondo digitale puro, dalla grafica, dalle agenzie, dai media. Metterli insieme non è facile. Ma è necessario. Il vecchio nerd che si chiudeva in laboratorio e sviluppava idee non esiste più…».