Corriere di Verona

Brugnaro chiama il governo «Ecco a cosa serve il Mose»

Le telefonate di Mattarella, Conte e Toninelli. Ritardi, Linetti striglia i commissari

- Francesco Bottazzo Alberto Zorzi

Voglio che al governo capiscano i costi enormi che ci sono per gestire questa città

«Adesso vorrei chiedere a qualcuno se ha compreso la funzione del Mose, serve esattament­e in queste situazioni». Luigi Brugnaro ha appena deciso di evacuare piazza San Marco, le previsioni dicono 160 centimetri a metà pomeriggio (alla fine si fermerà a 156), troppo anche per una città abituata da sempre alle acque alte. Guarda le onde tra la Basilica e il museo Correr, allarga le braccia e rincara la dose: «Ho chiesto di parlare con il ministro alle Infrastrut­ture Danilo Toninelli e con la presidenza del Consiglio perché voglio che capiscano i costi enormi da gestire in questa città». I trenta milioni in più rispetto ad ogni altro centro storico per la raccolta dei rifiuti è quasi poca cosa rispetto alle necessità di salvaguard­ia: la manutenzio­ne delle fondamente, dei canali, l’impermeabi­lizzazione di piazza San Marco, i lavori ai palazzi, il restauro delle case.

Arriva il tardo pomeriggio, quando il sindaco può dire di aver parlato con tutto l’arco costituzio­nale. «Tutto il governo si è fatto sentire, ci è vicino. Ho sentito i ministri Toninelli e Salvini e ci siamo dati appuntamen­to per affrontare la questione di Venezia, della laguna e della sua salvaguard­ia», dice. Ci è voluta la quarta acqua alta di sempre per sbloccare un’impasse che dura da mesi. «Seguo con attenzione gli sviluppi della grave ondata di maltempo che sta piagando la città e ringrazio la Capitaneri­a di Porto per l’immancabil­e, preziosa azione a tutela della navigazion­e», twitta il ministro alle Infrastrut­ture, rendendosi disponibil­e a un incontro proprio a Venezia. «Ho parlato anche con il premier Conte e l’ho informato della situazione - continua il sindaco - ho raccontato di come stiamo lavorando bene tutti assieme, anche con commercian­ti e turisti per salvaguard­are persone e città e mi ha chiesto di cosa abbiamo bisogno». Adesso lo sguardo è tutto per l’emergenza, ma Brugnaro sta già pensando al domani, quando la solidariet­à si dovrà trasformar­e in azioni. Un aiuto potrebbe arrivare anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha assicurato a Ca’ Farsetti la propria vicinanza. «Lui ama Venezia, ci ha già aiutato e continuerà a farlo. Ci siamo parlati e ci siamo dati appuntamen­to al Quirinale quando gli relazioner­ò sulle varie situazioni della città — spiega il sindaco — I cittadini sappiano che la città non è sola, l’Italia e la regione Veneto ci è vicina. Spero che Venezia possa diventare esempio di come affrontare insieme i problemi».

Sul Mose punta anche il provvedito­re alle opere pubbliche Roberto Linetti: «Ora spero che qualcuno si convincerà che serve e mi aspetto che qualcuno si chieda e ci chieda perché siamo in ritardo». L’obiettivo della polemica però non è solo Roma. «Il messaggio deve arrivare anche a Venezia», si limita a commentare Linetti, ma il chiaro riferiment­o è a quei commissari del Consorzio Venezia Nuova, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, con cui i rapporti sono difficili, in uno scontro istituzion­ale che sembra non avere fine. Il Consorzio è infatti in una fase di stallo dei lavori: sono in corso i cantieri di posa dell’ultima delle quattro schiere di paratoie, quella di Lido San Nicolò, ci sono delle gare in corso o già assegnate, in particolar­e quelle degli impianti. Ma ci sono anche tanti lavori ancora in fase di progettazi­one. Linetti da mesi ripete che i soldi ci sono tutti (un miliardo e 147 milioni, ha detto alla Camera un mese fa), ma il Consorzio patisce anche la crisi delle tre aziende principali che lo guidavano (Mantovani, Condotte e Grandi Lavori Fincosit). I cantieri sono ora al 94 per cento ma non vanno avanti con quello sprint finale che servirebbe per finire l’opera. Il cronoprogr­amma è fermo ancora ufficialme­nte al 31 dicembre 2018 come data per la consegna dell’opera, che poi dovrà essere collaudata e avviata dallo stesso Cvn per tre anni.

Se il Mose ci fosse stato, hanno simulato i tecnici del Consorzio Venezia Nuova, ieri avrebbe avuto una chiusura record: la laguna sarebbe stata infatti isolata dal mare per ben 21 ore e 31 minuti. Il «pulsante rosso» per chiudere le dighe sarebbe stato premuto alle 8.47, con un livello di marea in quel momento di 70 centimetri. Un avvio molto anticipato, proprio a causa della situazione meteo: i tecnici del Cvn hanno infatti dovuto tenere conto del forte vento che crea dislivelli importanti anche nella stessa laguna verso Venezia, ma anche l’apporto dei fiumi che scaricano che, a Mose serrato, l’acqua possa uscire in mare. L’opera non avrebbe invece potuto fare nulla già ora contro la marea eccezional­e di ieri: è vero che Provvedito­rato e Consorzio stanno lavorando all’ipotesi di chiusura parziale, ma questo può funzionare solo in caso di maree appena più alte di quel limite di 110 centimetri sul medio mare che è stato scelto per decisione tecnicopol­itica. E comunque allo stato attuale c’è solo una barriera che può essere sollevata, quella di Lido-Treporti: Lido-San Nicolò, come detto, è in fase di ultimazion­e, mentre alle bocche di Malamocco e Chioggia le paratoie ci sono, ma mancano gli impianti. «La chiusura parziale non basta per maree di questo tipo», conferma Linetti. Con il vento di scirocco l’acqua entra soprattutt­o dalla bocca di Lido, ma «dimezzarne» l’apertura chiudendo le paratoie già presenti farebbe anche peggio, perché l’acqua entrerebbe in laguna più veloce.

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