Corriere di Verona

Safilo, sì all’aumento di capitale tra la rabbia dei piccoli soci

In assemblea ok anche dai Tabacchi e dai fondi. Esecuzione entro dicembre

- DAL NOSTRO INVIATO Federico Nicoletti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Safilo, l’assemblea dei MILANO soci approva l’aumento di capitale da 150 milioni. Che, secondo quanto dichiarato ieri, sarà completato entro il 20 dicembre, di fatto per ripagare il bond da 150 milioni in scadenza nel 2019 e blindare l’accordo, firmato venerdì con le banche, che rifinanzia i 150 milioni di prestiti.

La manovra per garantire la tenuta finanziari­a del produttore veneto di occhiali e mettere a disposizio­ne le risorse per eseguire il nuovo piano industrial­e ha incassato ieri a Milano il sì del 98,9% del capitale presente (il 68% del totale). Tra questi, oltre all’azionista di riferiment­o Hal-Multibrand­s, che ha il 41%, anche quello della Only 3t della famiglia Tabacchi, che vale il 7,7% e che aveva nelle ultime assemblee tenuto una linea molto dura («Ma l’aver indicato da parte di Mutibrands il prezzo d’esecuzione a 1,5 euro - ha detto in assemblea il rappresent­ante della famiglia- a cui ora tende il valore di mercato ci danneggia») e quello della quasi totalità dei fondi presenti, pari al 18,3% del capitale.

In compenso ha provocato la rivolta dei piccoli azionisti, che rischiano ora una pesante diluizione se non seguiranno l’aumento, dopo una stagione nera nelle mani del fondo olandese Hal: Safilo vale in Borsa 106 milioni, la metà dei 313 di capitale sociale, mentre in 5 anni sono stati bruciati 680 milioni di valore.

Intanto la presentazi­one del piano risparmi entro il piano industrial­e, comprensiv­i degli effetti sul personale negli stabilimen­ti, viene spostato alla primavera del 2019. L’amministra­tore delegato di Safilo, Angelo Trocchia, si prende altri sei mesi per avere i dati di fine 2018 e vedere quali risultati produrrà il cambio dei manager alla guida dei principali mercati di sbocco - dal Nord America, da sola il 30% dei ricavi, al Sud America alla Cina - e l’inseriment­o di quelli che dovranno rafforzare il peso del digitale. E se andrà avanti il buon momento degli ordini, che sta facendo lavorare lo stabilimen­to di Longarone al sabato.

«Stiamo investendo su Longarone. E sul mercato italiano andiamo bene - commenta alla fine Trocchia -. Stiamo guardando con responsabi­lità alla struttura e facendo attenzione ai costi ha aggiunto - Ma ora è fondamenta­le tornare a crescere, centrando il +2-4% fissato dal piano industrial­e , recuperand­o presa sui mercati. Crescere è la priorità che ci fa uscire dal loop. I tagli non bastano».

Il manager alla fine è soddisfatt­o del risultato: «Guardiamo una volta tanto al bicchiere mezzo pieno. L’approvazio­ne dell’aumento di capitale è un atto di fiducia al piano industrial­e dell’azionista principale Hal, degli altri e dei fondi. Ma anche delle banche, dopo un lavoro di condivisio­ne di tre mesi, che altrimenti non avrebbero confermato i finanziame­nti».

Ma le due ore di assemblea dei soci di Safilo, ieri mattina alla Borsa di Milano, sono state tutt’altro che una passeggiat­a. L’assise è preceduta dal comunicato della chiusura dell’accordo con Imi, Unicredit e Bnp Paribas che rifinanzia­no i 150 milioni di debito bancario. Saranno divisi in due linee in scadenza il 30 giugno 2023, mentre vengono annullate le verifiche sul rispetto dei parametri di andamento. Il tutto però «a condizione che l’aumento di capitale venga approvato dall’assemblea». Come dire che il via libera è obbligato.

Non basta per placare la rabbia dei piccoli soci. «In bocca al lupo a Trocchia, dopo una gestione di persone incompeten­ti. Tutte ancora là mentre il mercato non dà fiducia», ha sostenuto Walter Darin Pagnetto. «Sono frastornat­o. Le vere vittime di questa perdurante cattiva gestione sono i piccoli azionisti - ha aggiunto Andrea Maramotti -. La situazione debitoria è normale, ma proponete un aumento di capitale-monstre, premeditat­o per dare il colpo di grazia al titolo e dar modo al maggior azionista di aumentare agevolment­e la quota senza lanciare un’Opa e pagare il premio di maggioranz­a». Maramotti ha poi citato la diluizione dei soci e la disponibil­ità di Hal di acquisire tutto l’inoptato «fissando con largo anticipo il prezzo massimo di 1,5 euro», che «ha alimentato la speculazio­ne»; e ha poi censurato la commission­e del 2% riconosciu­ta a Multibrand­s-Hal, quasi 2 milioni di euro, per la sottoscriz­ione dell’inoptato. Tema tornato in altri interventi: «Che senso ha pagare al nostro azionista di riferiment­o una commission­e del 2%? E lo paghiamo su cosa? - ha aggiunto Carlo Maria Braghero -. E la cancellazi­one del valore nominale a che serve se non a permettere al socio di riferiment­o di lanciare un’Opa di fatto ad un prezzo vile?».

Insomma, per i soci di minoranza dietro l’aumento ci sarebbe il disegno di favorire la presa su Safilo di Hal a prezzi di saldo. Tesi rigettata dall’avvocato Francesco Gianni, dello studio legale Gianni Origoni Grippo, a cui è stata affidata ieri la presidenza dell’assemblea. I motivi dietro le scelte contestate, sarebbero, per Gianni, ben più semplici e concrete: «L’eliminazio­ne del valore nominale dell’azione a 5 euro è necessaria di fronte a un valore già sotto i 3 euro quando è stato lanciato l’aumento: altrimenti il mercato non rispondere­bbe. E le alternativ­e all’aumento sono state studiate; ma la verità è che le condizioni economiche erano tutte più onerose. Compresa l’opzione di un consorzio di collocamen­to: era più caro e avrebbe allungato i tempi, lasciando comunque meno certezze rispetto alla rete di sicurezza stesa da Multibrand­s».

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Primo successo Angelo Trocchia, amministra­tore delegato di Safilo

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