Corriere di Verona

Dissesto, progetti per 250 milioni

Corsi d’acqua e morfologia, l’Ispra denuncia: in Veneto un edificio su dieci a rischio alluvione

- di Marco Bonet e Michela Nicolussi Moro

«Isoldi ci sono ma la Regione deve presentare i progetti, si faccia avanti». Così il ministro per le Infrastrut­ture Danilo Toninelli durante la sua visita nel Bellunese. Ma la Regione i progetti li ha già, attende solo che siano finanziati: occorrono 250 milioni di euro per implementa­re il piano su cui Palazzo Balbi sta lavorando dal 2010 e per cui ha già speso 400 milioni. Intanto l’Ispra diffonde il suo ultimo report sul dissesto idrogeolog­ico: un edificio su dieci in Veneto è a rischio. I più esposti sono i beni architetto­nici e culturali.

«Presto approverem­o lo stato d’emergenza» promette il vicepremie­r Luigi Di Maio. «Faremo un intervento senza precedenti» assicura l’altro vicepremie­r, Matteo Salvini. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, garantisce: «I fondi per la lotta al dissesto idrogeolog­ico ci sono: 900 milioni ogni tre anni. Li abbiamo già in cassa». Anche per questo rifiuterà il prestito da 800 milioni offerto dalla Banca Europea per gli Investimen­ti. «Per il Veneto sono pronti 159 milioni» giura il sottosegre­tario all’Ambiente Vanni Gava, annunciand­o a giorni un incontro col presidente Luca Zaia. Insomma, «basta che la Regione si faccia avanti e firmi gli accordi di programma - ammonisce il ministro delle Infrastrut­ture Danilo Toninelli - presenti i progetti!».

Le cose da fare

Ma la Regione ce li ha già, i progetti, è dal 2010 che ci lavora. Dopo la Grande Alluvione di Ognissanti (ma l’aggettivo andrà forse rivisto dopo quel che è successo nella notte tra il 29 e il 30 ottobre di quest’anno, tra Sant’Onorato e San Germano), Palazzo Balbi commission­ò al professor Luigi D’Alpaos dell’università di Padova la stesura di un piano per mettere il Veneto al sicuro delle acque. Ne scaturì un elenco di 681 opere, per 2,7 miliardi. Nell’elenco dei grandi bacini di laminazion­e, quelli che salvano paesi e città dando sfogo a fiumi e torrenti in piena, ne restano da finanziare (e dunque potrebbero essere inseriti negli accordi di programma di cui parla il Governo) dieci: Crocetta del Montello sul Piave (55,3 milioni), Velo sull’Astico (40 milioni), Vighizzolo d’Este sull’Agno (15,7 milioni), Torri di Quartesolo sul Tesina (32,5 milioni), Monteviale sulla Roggia Dioma (11 milioni), Castello di Godego sul torrente Brentone (17,8 milioni), Sovizzo sul torrente Onte (10 milioni), Sandrigo sull’Astico (35 milioni), Monteforte d’Alpone sul torrente Aldegà (7,6 milioni), Megliadino San Vitale per le idrovore Vampadore e Grompa (12 milioni). L’elenco è in ordine di priorità e il totale è di 236,9 milioni, sicché i 159 milioni promessi da Gava sarebbero una bella boccata d’ossigeno. Poi certo, tutti gli esperti del settore dicono che l’Opera delle Opere, quella che cambierebb­e radicalmen­te la sicurezza idrogeolog­ica del Veneto, è l’idrovia Padova-Venezia ma costa 450 milioni e siamo su un altro pianeta.

Le cose fatte

La mancanza di risorse e la burocrazia (per arrivare ad aprire un cantiere ci vuole il parere di dieci soggetti diversi, tutti si lamentano del Codice degli appalti, è passato alla storia il blocco improvviso del fondamenta­le bacino di Trissino per contrasti sulla delibera che autorizzav­a la commercial­izzazione della ghiaia estratta) sono le principali ragioni dei ritardi. Ma va detto che dal 2010 a oggi molto è stato fatto e per questo all’indomani della catastrofe Zaia ha potuto sospirare: «È stata una pioggia più devastante del 1966 eppure abbiamo registrato danni infinitame­nte minori». È andata meglio anche del 2010 e basti una cifra a riprova: 8 anni fa si contarono 32 rotture arginali e i fiumi esondarono praticamen­te dappertutt­o. Stavolta non ce n’è stata manco una e questo perché molti dei 400 milioni spesi finora hanno riguardato proprio il rinforzo degli argini, erosi dal tempo, dall’incuria, dalle nutrie. Gli interventi, tutto compreso (bacini, argini, idrovore), sono stati 650 per 400 milioni; le opere strettamen­te infrastrut­turali 280 per 230 milioni. Le più importanti ormai sono note perfino al grande pubblico: il bacino di Caldogno (costato 41 milioni), quello di Trissino (23 milioni, manca il collaudo) e della Colombaret­ta (13 milioni); sono in fase di avvio quello di San Lorenzo sull’Alpone (6 milioni) e quello del Muson dei Sassi (18 milioni). Menzione a parte per il bacino di Pra’ dei Gai sul Livenza, maxi intervento da 39 milioni già finanziato la cui gara d’appalto andrà rifatta daccapo perché una mano anonima ha manomesso le buste. Per chi fosse incuriosit­o dai dettagli, l’elenco delle opere (finite; finanziate e ora in via di progettazi­one o realizzazi­one come viale Diaz a Vicenza, Montebello, il Lusore; non finanziate) è disponibil­e sul sito della Regione.

Opere non risarcimen­ti

Va chiarito, specie per chi avesse subito la furia della natura, che i fondi a cui si riferisce il ministero dell’Ambiente non sono risarcimen­ti per i danni patiti ma finanziame­nti per le opere contro il dissesto idrogeolog­ico. Per i primi si dovranno attendere l’annunciata dichiarazi­one dello stato di emergenza e i successivi decreti, con i soldi per i soccorsi, i lavori di somma urgenza, il ristoro dei danni patiti da famiglie, imprese ed enti pubblici. Salvini ha annunciato, genericame­nte, per tutta Italia, un primo stanziamen­to di 250 milioni. Per farsi un’idea di come potrebbe andare a finire, valga l’esperienza del 2010 (peraltro pare che la procedura sarà la stessa, con Zaia commissari­o e i Comuni a raccoglier­e la documentaz­ione, poi inviata in Regione): a consuntivo furono calcolati danni per 2 miliardi e 34 milioni. I risarcimen­ti dello Stato si sono fermati a 399 milioni. Il 20 per cento.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy