Per i 17 capolavori rubati a Castelvecchio le condanne alla banda sono definitive
Castelvecchio, la Cassazione conferma le pene a guardia giurata e complici
Colpo del secolo al museo di Castelvecchio: a quasi tre anni dalla «storica» rapina da (almeno) 17 milioni di euro messa a segno da una banda di italo moldavi la sera del 19 novembre 2015 , la seconda sezione della Corte di Cassazione rispedisce al mittente i ricorsi con cui i 4 principali imputati invocavano un nuovo processo d’appello. I due capibanda e gli altrettanti complici volevano la riapertura del caso, invece da ieri le rispettive pene sono da ritenersi definitive.
Colpo del secolo al museo di Castelvecchio: a quasi tre anni dalla «storica» rapina da (almeno) 17 milioni di euro messa a segno da una banda di italo moldavi la sera del 19 novembre 2015 , la seconda sezione della Corte di Cassazione rispedisce al mittente i ricorsi con cui i 4 principali imputati invocavano un nuovo processo d’appello. I due capibanda e gli altrettanti complici - tali sono stati bollati dagli inquirenti - volevano la riapertura del caso, invece da ieri le rispettive pene sono da ritenersi definitive e non più impugnabili. Restano intatte, dunque, le decisioni assunte a metà settembre 2017 dai magistrati lagunari di secondo grado, che avevano scontato di quasi la metà le condanne inflitte il 5 dicembre 2016 in primo grado ai due principali imputati, i fratelli Silvestri, che a Venezia scelsero il patteggiamento ottenendo una «sforbiciata» di pena pari a 4 anni a testa.
E così, mentre a Verona il gup Luciano Gorra non aveva concesso loro alcuno sconto, dando accoglimento alle richieste di condanna formulate dal pm Gennaro Ottaviano, nel 2017 a Venezia andò ben diversamente alla guardia giurata «infedele» e al fratello: entrambi in secondo grado trovarono un accordo con l’accusa, ammettendo in sostanza i fatti di cui erano accusati, e garantendosi il cospicuo sconto di pena.
A partire da Francesco Silvestri (difeso da Stefano Poli e Massimiliano Ferri), la guardia giurata di Sicuritalia in servizio quella sera al museo, considerato il «basista» che avrebbe «fornito le informazioni decisive per la riuscita del colpo da lui organizzato ed eseguito col fratello gemello Pasquale Silvestri Ricciardi» (avvocati Teresa Bruno- Mirko Zambaldo)e a Svitlana Tkachuk, compagna di Ricciardi (legale Marzia Rossignoli). Per il vigilante in primo grado erano stati disposti con il rito abbreviato 10 anni di cella; per il gemello 10 anni, 8 mesi e 20 in giorni (in virtù dell’ulteriore accusa di detenzione abusiva di arma, poiché durante le indagini nella sua abitazione venne trovata una pistola con la matricola abrasa) e per Svitlana 6 anni. In totale, le 4 persone che un anno fa hanno discusso l’appello a Venezia, si erano viste infliggere a Verona in primo grado un totale di 31 anni e 8 mesi di reclusione: conteggiando i due patteggiamenti con cui erano già usciti di scena i primi due imputati (il bresciano Denis Damaschin e il moldavo Anatolie Burlac avevano concordato con l’accusa un «conto» rispettivamente pari a tre anni più 4 mesi e un anno più otto mesi), era salito così complessivamente a 36 anni e 8 mesi di cella l’ammontare delle pene detentive inflitte in primo grado a Verona. Di queste, 20 anni e 8 mesi se li dovevano spartire i due fratelli Silvestri: ritenuti tra i principali responsabili della rapina da (almeno) 17 milioni di euro messo a segno da una banda italo moldava la sera del 19 novembre 2015, si erano visti infliggere le punizioni più gravose.
Tutti e tre, a Verona, avevano affrontato il rito abbreviato (e hanno dunque avevano usufruito dello «sconto» di un terzo dal computo della pena)così come Victor Potinga, il moldavo che secondo la procura trasportò le tele rubate a Verona oltre confine. Per lui (difeso da Emanuele Luppi) il gup aveva decretato 5 anni di reclusione. A Venezia, però, l’Appello sparigliò le carte: da un lato, aveva confermato le condanne a 5 anni per Potinga e 6 anni per Svitlana (che non patteggiarono); dall’altro, aveva scontato le pene ai due Silvestri. Da ieri, per loro, il caso è davvero chiuso.