Corriere di Verona

Il primo profugo cacciato grazie al decreto Salvini

Treviso, il sindaco Conte e Zaia esultano: l’aria è cambiata. Critico il Pd: legge demagogica, farà danni

- Silvia Madiotto

Era stato fermato venerdì. Ieri, per un 21enne nigeriano, richiedent­e asilo ospitato da un paio d’anni alla caserma Serena di Treviso, è scattato il percorso di espulsione. É la prima volta del decreto Salvini, a 24 ore dall’ok in parlamento.

Sull’espulsione del richiedent­e asilo spacciator­e della caserma Serena è come se fosse impressa la firma del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Il provvedime­nto è arrivato ieri, sei giorni dopo l’arresto, cinque giorni dopo la polemica e 24 ore dopo l’approvazio­ne in Parlamento del decreto sicurezza, che vede così la sua prima applicazio­ne in Veneto: «Siamo passati dalle parole ai fatti, via dall’Italia chi delinque», è stato il commento del vicepremie­r e segretario leghista, che, come di consuetudi­ne, ne ha dato annuncio sulla propria pagina Facebook.

Il 21enne nigeriano da sabato era agli arresti domiciliar­i nel centro di accoglienz­a, dopo essere stato condannato per detenzione ai fini di spaccio e ieri ha lasciato Treviso: il questore ha chiesto la convocazio­ne d’urgenza della Commission­e territoria­le, dove la protezione internazio­nale è stata rigettata; il ragazzo è stato accompagna­to nel Centro per il rimpatrio di Brindisi.

Il caso aveva scatenato l’ira del sindaco di Treviso, Mario Conte (Lega). Il giovane nigeriano, O.F., incensurat­o, ospite della caserma Serena da un paio d’anni, era stato seguito per mesi dalla polizia locale, che sospettava fosse uno spacciator­e. Fermato lo scorso venerdì sera, era risultato in possesso di 250 grammi di marijuana già suddivisa in dosi, pronte per essere consegnate ai pusher del centro storico; altri 240 grammi di erba erano stati ritrovati nella sua camera all’interno del Cas (Centro di accoglienz­a straordina­rio). In un cassetto chiuso a chiave c’erano anche 230 euro in contanti, una carta di credito prepagata, un’agendina con i nomi dei piccoli spacciator­i che riforniva, un bilancino di precisione e un cellulare. Ma mentre lo stupefacen­te era stato sequestrat­o, il giudice aveva ordinato la restituzio­ne delle restanti proprietà, perché non era stato possibile ricondurle ai proventi dello spaccio.

«Rimarrà impunito, questo non è rispetto nei confronti delle forze dell’ordine che hanno condotto l’operazione – aveva gridato allo scandalo Conte, invocando l’intervento di Salvini -. Va rimpatriat­o, scriverò subito al ministro». L’eco mediatica dell’episodio era stata immediata e molto vasta: il nigeriano non era nemmeno stato allontanat­o dalla struttura di accoglienz­a. In realtà, a Conte non è servito scrivere, perché c’è stato un breve incontro vis a vis con il vicepremie­r nei giorni scorsi e meno di una settimana dopo è arrivata la risposta. «Abbiamo spinto perché questa vicenda finisse sul tavolo della

Il pusher, nigeriano, 21 anni, era ospite alla caserma Serena: venerdì scorso il fermo

commission­e territoria­le – sottolinea il sindaco - e grazie all’impegno del ministro, interessat­osi subito della questione, è cambiata l’inerzia. Il venditore di morte sarà espulso, chi delinque viene rispedito a casa. E l’impegno degli agenti della polizia locale non è stato vanificato».

Treviso, col suo sindaco leghista, il suo governator­e leghista e il filo rosso (verde) col ministro leghista, diventa una bandiera della linea dura del decreto Salvini. Anche il presidente della Regione, Luca Zaia, si è congratula­to per il risultato: «Tocchiamo con mano i primi effetti della legalità, per troppo tempo abbiamo dovuto assistere a imprese come quella di questo delinquent­e, troppo spesso accompagna­te da un’inaccettab­ile impunità. Ora l’aria è cambiata».

La caserma Serena, al confine fra Treviso e il comune di Casier, oggi conta 340 ospiti (un anno e mezzo fa era arrivata ad accogliere oltre ottocento profughi), è gestita da Nova Facility e dal 2015 ha visto passare al suo interno oltre duemila persone: «Chi sbaglia deve pagare e tornare a casa – sono le parole del presidente, Gianlorenz­o Marinese -. Siamo felici di questo intervento. Vuol dire che, nel nostro piccolo, anche noi siamo stati ascoltati, perché era una richiesta anche nostra».

Dal centrosini­stra trevigiano, però, arriva dura e forte una critica: «Questo decreto è demagogico e populistic­o all’ennesima potenza, parla alla pancia, si rivolge più alla paura che alla sicurezza». Lo dice Roberto Grigoletto, consiglier­e comunale del Pd ed ex assessore alla sicurezza: «Sono un minnitiano convinto. È doveroso premettere che chi viene qui per spacciare o delinquere va espulso, è una linea che abbiamo sempre sostenuto quando abbiamo amministra­to la città e ci siamo confrontat­i con questi episodi. Ma il decreto sicurezza di Salvini produrrà l’effetto contrario a quello che il ministro sta provando a far passare. Cancelland­o permessi umanitari e percorsi Sprar (il Sistema di protezione per richiedent­i asilo e rifugiati, ovvero la rete di accoglienz­a non emergenzia­le, ndr), promettend­o di chiudere grandi e piccoli centri di accoglienz­a, queste persone si troveranno in mezzo a una strada. Aumenteran­no marginalit­à, clandestin­ità, delinquenz­a e di conseguenz­a insicurezz­a. Salvini non cancellerà magicament­e gli sbarchi, è pura demagogia».

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La struttura La caserma Serena, centro di accoglienz­a per i richiedent­i asilo al confine tra i comuni di Treviso e Casier

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