Caldo e umido, prolifera il fungo che uccide le viti
Il clima caldo e umido favorisce la diffusione del «mal d’esca» L’allarme degli agricoltori per il Veronese: «Morìe anche dell’8%»
È un tarlo antico per i vigneti di tutto il mondo ed europei in particolare. Ma quest’anno, anche nel Veronese, il mal dell’esca ha colpito di più. Uno dei fattori è probabilmente il caldo umido anziché secco.
È un tarlo antico per i vigneti di tutto il mondo ed europei in particolare. Ma quest’anno, anche nel Veronese, il mal dell’esca ha colpito di più. «Uno dei fattori è probabilmente il caldo umido anziché secco: nei vitigni più colpiti la percentuale di moria delle vigne è stata dell’8 per cento», stila un bilancio Paolo Ferrarese, presidente di Confagricoltura Verona: «L’altro aspetto sempre più grave – aggiunge lui – è che questo complesso di funghi, che attaccano i vasi linfatici della pianta occludendoli e portando la pianta stessa alla morte, colpisce vigne sempre più giovani, anche di 7, 8 anni, senza che ancora se ne sia capito il motivo».
Il mal dell’esca non colpisce tutte le vigne. Perché come ricorda Christian Marchesini, presidente veneto dei viticoltori e vicepresidente nazionale di Confagricoltura, «il problema è molto più evidente sulle varietà rosse, Valpolicella, Corvina, Rondinella, Bardolino, mentre le altre varietà, come il Soave, ne sono meno colpite», e del resto «la stessa Valpolicella Alta – aggiunge Ferrarese – per clima è più agevolata rispetto alle vigne di pianura». Il punto di fondo è che non esiste ancora una cura scientifica bensì solo sperimentazioni. Sperimentazioni di cui Confagricoltura Verona («Vista l’esigenza emersa anche negli ultimi incontri», motiva Ferrarese) vuole dare conto nel convegno di martedì 20 novembre alle 10 a Villa Serego Alighieri di Gargagnago, cuore della Valpolicella – titolo «Mal dell’esca: flagello viticolo del XXI secolo?» – vedi la «prevenzione attraverso la protezione dei tagli a potatura col sistema Tessior» (ne parlerà il tecnico Roberto Trentin) oppure «le iniezioni endoterapiche con il nuovo metodo Corradi» (argomento affidato a Fabio Sorgiacomo). «Esistono pratiche ultramoderne molto nuove che dovrebbero aiutare a curare la pianta senza doverla estirpare», dice Ferrarese. L’importante, per Confagricoltura, è fornire uno stato dell’arte pure circa i possibili metodi preventivi. Visto anche che «quest’anno l’incidenza della patologia è aumentata e inizia a farsi notare il fenomeno dell’esca “giovanile”», come ribadisce Marchesini: «I fattori? Il caldo umido anziché secco può “innescare” i funghi responsabili (normalmente presenti in natura, ndr), poi c’è anche il fatto che ci stiamo spostando da una forma di allevamento a pergola, che permette di sviluppare di più la pianta, alla forma a Guyot». «Il caldo umico rende i funghi più “cattivi” – dice Ferrarese – ma contribuiscono anche le nuove tecniche di coltivazione, vedi le potature verdi, le vendemmie meccaniche, tutto ciò può procurare lesioni».