Decreto sicurezza, le cooperative si sfilano «Non siamo alberghi»
Con il taglio dei fondi, alt a corsi d’italiano e formazione L’Anci: «Ci ritroveremo gente in giro a bighellonare»
Non convince nè le cooperative sociali nè l’Anci, il decreto sicurezza firmato Matteo Salvini, ministro dell’Interno, approvato dal Senato e in attesa del via libera alla Camera. Cinque i passaggi sostanziali: la riduzione dei fondi per l’accoglienza da 35 euro a 19/26 a migrante al giorno; l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e l’introduzione di permessi speciali temporanei da concedere a vittime di violenza in patria, o per calamità naturali o per motivi di salute; la revoca dell’asilo a chi commette una serie di reati tra cui violenza sessuale, spaccio di droga, furto, rapina ed estorsione; la sostituzione dei Cie con i Centri di rimpatrio (Cpr), nei quali gli stranieri senza documenti staranno un massimo di 180 giorni e non più di 90; la mancata concessione o la revoca della cittadinanza ai soggetti condannati per reati legati al terrorismo.
«Le cooperative sono già in grave difficoltà, avanzano dalle prefetture circa un milione di euro per l’accoglienza dei migranti, ma gli stipendi agli operatori devono pagarli lo stesso — rivela Loris Cervato, responsabile del Sociale per Legacoop Veneto —. Se poi vengono ridotti i finanziamenti, salteranno tutti i servizi legati all’integrazione, cioè i corsi di italiano, i mediatori culturali, gli educatori, l’inserimento lavorativo, la formazione. A quel punto resta solo la parte alberghiera e quindi noi ci tiriamo indietro, non parteciperemo ai nuovi bandi. Non siamo nè albergatori nè parcheggiatori di fantasmi che ci si limiterà a distribuire sul territorio per poi lasciare in balìa di se stessi». «Dobbiamo studiare bene il nuovo capitolato d’appalto predisposto dal Viminale e calarlo sui contratti del 2019 — spiega Vittorio Zappalorto, prefetto di Venezia —. I contratti in essere restano come sono e scadranno a fine anno. Credo che la ratio del decreto sicurezza sia di contrarre le risorse destinate a chi non ha diritto di rimanere in Italia per concentrarle sui migranti in possesso dei requisiti necessari a ottenere l’asilo e garantire loro migliori standard».
Ma l’Anci è prudente: «La nostra preoccupazione è che se i soldi finiscono dovranno essere i Comuni a trovarli e non ne hanno — dice la presidente regionale Maria Rosa Pavanello —. La pazienza dei sindaci è finita, già ci siamo ritrovati a dover gestire un’emergenza non di nostra competenza, non vorremmo che questo impegno si aggravasse maggiormente. La decurtazione dei finanziamenti mette a rischio il progetto Sprar, l’unico in grado di garantire l’inserimento lavorativo dei migranti, che se perderanno l’impiego transiteran- no nei Servizi sociali, sempre a carico dei Comuni. E poi se ci si limiterà a garantire loro vitto e alloggio, ci ritroveremo gente in giro a bighellonare senza fare niente tutto il giorno — chiude Pavanello —. E non piace a nessuno, è un pericolo». «Conteremo un numero spropositato di clandestini dal giorno alla notte — concorda Alessandro Bisato, segretario regionale del Pd e sindaco di Noventa Padovana, che ha accolto molti profughi usciti dall’hub di Bagnoli, dopo la chiusura — prima c’era un progetto di integrazione per i profughi, che ora si limiteranno a svernare in Italia. E il paradosso è che il governo taglia i contributi per l’integrazione ma spende il doppio per tenere gli irregolari sei mesi nei Centri di rimpatrio».
«Novanta giorni non sono sufficienti ad espletare le pratiche amministrative per riconoscimento e rimpatrio — replica Andrea Ostellari, senatore padovano della Lega — e al termine devi farli uscire dai Cie e allora sì diventano clandestini. I 180 giorni rappresentano invece il tempo giusto, quindi valuteremo se attivare nuovi Crp. E nel frattempo abbiamo stanziato 12 milioni per i rimpatri assistiti verso i Paesi con i quali non abbiamo sottoscritto convenzioni, come la Costa d’Avorio. Salvini sta andando negli Stati di origine dei migranti per stipularne altre o migliorare quelle esistenti, come con la Turchia, che consentiranno rimpatri più veloci. Piuttosto che investire in accoglienza — aggiunge Ostellari — preferiamo aiutarli a casa loro, ci costa meno dei 5 miliardi di euro all’anno spesi adesso. In Ghana vivi con 6 euro al giorno, in Italia nemmeno con 35». Saranno potenziate le commissioni prefettizie per il riconoscimento dello status di rifugiato, in Veneto concesso al 45% dei richiedenti, e quanto agli Sprar «sopravviveranno solo quelli che funzionano bene e accoglieranno migranti tutelati dalla protezione internazionale e minori non accompagnati».