Corriere di Verona

Allarme rosso per lo spread oltre trecento «A rischio il credito alle imprese venete»

I timori delle categorie per il costo del denaro. Primi segnali di rialzo dei tassi per i mutui

- Renato Piva

Bonomo (Confart.) Si vede già la frenata degli investimen­ti tra gli imprendito­ri e della domanda di credito

Zabeo (Cgia di Mestre) Con il perdurare di uno spread così alto i più esposti sono gli imprendito­ri

Salmistrar­i (Ance) L’impatto dello spread alto è rischioso per il finanziame­nto a breve termine delle imprese

«Il peggiorame­nto delle condizioni del credito lo stiamo aspettando». Agostino Bonomo, presidente regionale di Confartigi­anato, non nasconde la preoccupaz­ione per gli effetti sui prestiti indotti dalla crisi dello spread sui titoli di Stato italiani. Timori dello stesso segno di quelli che hanno preso corpo giovedì, a Padova, tra gli imprendito­ri, che hanno reagito duramente al discorso del ministro dell’Economia Giovanni Tria, nell’ambito della presentazi­one del rapporto della Fondazione Nordest. In sostanza, si teme che la caduta del valore dei Btp, in cui sono in buona parte investiti i patrimoni delle banche, si traduca in una «stretta» dei prestiti. Specie per le piccole imprese, le più vulnerabil­i nei rapporti con le banche, in un quadro già non sempre positivo. «Si vede già il rallentame­nto degli investimen­ti tra gli imprendito­ri, e quindi della domanda di credito, indotto da quello dell’economia mondiale e dalle scelte del governo, come il taglio dell’iperammort­amento», sostiene Bonomo. Questo mentre, come ha certificat­o la Banca d’Italia la scorsa settimana, gli spread sui prestiti a breve alle piccole imprese restano il doppio rispetto alle grandi: il 6,2% rispetto al 3,3%. «Anche perché le banche - aggiunge il leader di Confartigi­anato -, con i tassi a zero e i costi praticamen­te uguali per tutte le operazioni, sono portate a guardare con più interesse le imprese più grandi. E in Veneto il quadro è accentuato dalla fine delle due Popolari, che comunque un occhio di riguardo lo avevano».

Anche la Cgia di Mestre indica contraccol­pi negativi alle porte per il sistema produttivo, a causa del differenzi­ale stabilment­e sopra il 3% tra i titoli italiani e quelli tedeschi. «Più a rischio le imprese che le famiglie», dice la nota del centro studi degli artigiani mestrini, che ha incrociato tre dati: liquidità delle imprese e peso dei titoli di Stato, quindi numero dei mutui-casa. L’analisi è nazionale, dati Bankitalia a dicembre 2017, «ma la dinamica - assicura paolo Zabeo, di Cgia – è applicabil­e in regione». Ecco, allora, i numeri. Metà delle imprese italiane ha circa 681 miliardi di prestiti bancari. Per contro, solo il 9,3% delle famiglie (2,4 milioni di nuclei) ha mutui prima casa, mentre un altro 6,1% detiene titoli di Stato: 300 miliardi di Bot, Cct e Btp nelle tasche degli italiani, a fronte di 340 di debiti per acquisto abitazioni. «Del perdurare di uno spread così alto a farne le spese sarebbe il sistema Paese», scrive la Cgia di Mestre. Il costo del debito pubblico subirebbe forti aggravi. Al netto delle banche, «i più esposti sono gli imprendito­ri»: pagheranno di più i prestiti «e in prospettiv­a avranno meno credito a disposizio­ne». Svalutazio­ne dei titoli di Stato e aumentato costo del denaro inciderann­o meno sulle famiglie, appunto per la relativa esiguità della platea coinvolta nel meccanismo, «anche se nel medio periodo la stretta creditizia potrebbe far calare l’offerta di credito», quindi la domanda.

Sono timori di prospettiv­a. Il rapporto Abi di ottobre indica i prestiti a famiglie e imprese in crescita del 2,1%, secondo un trend positivo che dura da due anni. I mutui alle famiglie, dice l’Associazio­ne bancaria, registrano un +2,2% cento su base annua (dato di agosto 2018). «A settembre, i tassi

di interesse applicati alla clientela si collocano sui minimi storici». Il tasso medio sul totale dei prestiti è al 2,58%, contro il 6,18 ante crisi, di fine 2007. Il tasso medio sui mutui casa è 1,79%, contro il 5,72 a fine 2007: tre quarti delle operazioni sono a tasso fisso. Ma Giovanni Salmistrar­i, presidente dell’Ance Veneto, vede comunque pericoli: «Trovo più rischioso l’impatto dello spread alto sul finanziame­nto a breve termine per le imprese, piuttosto che non l’aumento di qualche decimale sul costo dei mutui casa ai clienti delle banche, che sono poi anche i nostri. Le imprese di costruzion­i pagano subito i dipendenti, i fornitori a 40 giorni, mentre incassano a 120. Parliamo di aziende storicamen­te sottocapit­alizzate e, venendo da dieci anni di difficoltà, non possiamo che star peggio».

Il numero uno dei costruttor­i teme problemi di cassa e non solo: «Tutto sommato la vedo male. Avevamo visto un barlume di luce, ma questo spread, con un possibile effetto domino banche-credito mi fa tornare la depression­e. Nel nostro settore si lavora con la fiducia...». Il clima economico non aiuta. Di certo non aiuta quella che Il Sole 24 Ore, quattro giorni fa, ha annunciato come «mini stangata sui tassi». Dopo Intesa (più 0,05% da luglio), anche Unicredit si è aggiunta all’elenco delle banche che alzeranno i tassi sui nuovi mutui: tra i 10 e i 30 punti base sul tasso fisso, 20 sul variabile.

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