Allarme rosso per lo spread oltre trecento «A rischio il credito alle imprese venete»
I timori delle categorie per il costo del denaro. Primi segnali di rialzo dei tassi per i mutui
Bonomo (Confart.) Si vede già la frenata degli investimenti tra gli imprenditori e della domanda di credito
Zabeo (Cgia di Mestre) Con il perdurare di uno spread così alto i più esposti sono gli imprenditori
Salmistrari (Ance) L’impatto dello spread alto è rischioso per il finanziamento a breve termine delle imprese
«Il peggioramento delle condizioni del credito lo stiamo aspettando». Agostino Bonomo, presidente regionale di Confartigianato, non nasconde la preoccupazione per gli effetti sui prestiti indotti dalla crisi dello spread sui titoli di Stato italiani. Timori dello stesso segno di quelli che hanno preso corpo giovedì, a Padova, tra gli imprenditori, che hanno reagito duramente al discorso del ministro dell’Economia Giovanni Tria, nell’ambito della presentazione del rapporto della Fondazione Nordest. In sostanza, si teme che la caduta del valore dei Btp, in cui sono in buona parte investiti i patrimoni delle banche, si traduca in una «stretta» dei prestiti. Specie per le piccole imprese, le più vulnerabili nei rapporti con le banche, in un quadro già non sempre positivo. «Si vede già il rallentamento degli investimenti tra gli imprenditori, e quindi della domanda di credito, indotto da quello dell’economia mondiale e dalle scelte del governo, come il taglio dell’iperammortamento», sostiene Bonomo. Questo mentre, come ha certificato la Banca d’Italia la scorsa settimana, gli spread sui prestiti a breve alle piccole imprese restano il doppio rispetto alle grandi: il 6,2% rispetto al 3,3%. «Anche perché le banche - aggiunge il leader di Confartigianato -, con i tassi a zero e i costi praticamente uguali per tutte le operazioni, sono portate a guardare con più interesse le imprese più grandi. E in Veneto il quadro è accentuato dalla fine delle due Popolari, che comunque un occhio di riguardo lo avevano».
Anche la Cgia di Mestre indica contraccolpi negativi alle porte per il sistema produttivo, a causa del differenziale stabilmente sopra il 3% tra i titoli italiani e quelli tedeschi. «Più a rischio le imprese che le famiglie», dice la nota del centro studi degli artigiani mestrini, che ha incrociato tre dati: liquidità delle imprese e peso dei titoli di Stato, quindi numero dei mutui-casa. L’analisi è nazionale, dati Bankitalia a dicembre 2017, «ma la dinamica - assicura paolo Zabeo, di Cgia – è applicabile in regione». Ecco, allora, i numeri. Metà delle imprese italiane ha circa 681 miliardi di prestiti bancari. Per contro, solo il 9,3% delle famiglie (2,4 milioni di nuclei) ha mutui prima casa, mentre un altro 6,1% detiene titoli di Stato: 300 miliardi di Bot, Cct e Btp nelle tasche degli italiani, a fronte di 340 di debiti per acquisto abitazioni. «Del perdurare di uno spread così alto a farne le spese sarebbe il sistema Paese», scrive la Cgia di Mestre. Il costo del debito pubblico subirebbe forti aggravi. Al netto delle banche, «i più esposti sono gli imprenditori»: pagheranno di più i prestiti «e in prospettiva avranno meno credito a disposizione». Svalutazione dei titoli di Stato e aumentato costo del denaro incideranno meno sulle famiglie, appunto per la relativa esiguità della platea coinvolta nel meccanismo, «anche se nel medio periodo la stretta creditizia potrebbe far calare l’offerta di credito», quindi la domanda.
Sono timori di prospettiva. Il rapporto Abi di ottobre indica i prestiti a famiglie e imprese in crescita del 2,1%, secondo un trend positivo che dura da due anni. I mutui alle famiglie, dice l’Associazione bancaria, registrano un +2,2% cento su base annua (dato di agosto 2018). «A settembre, i tassi
di interesse applicati alla clientela si collocano sui minimi storici». Il tasso medio sul totale dei prestiti è al 2,58%, contro il 6,18 ante crisi, di fine 2007. Il tasso medio sui mutui casa è 1,79%, contro il 5,72 a fine 2007: tre quarti delle operazioni sono a tasso fisso. Ma Giovanni Salmistrari, presidente dell’Ance Veneto, vede comunque pericoli: «Trovo più rischioso l’impatto dello spread alto sul finanziamento a breve termine per le imprese, piuttosto che non l’aumento di qualche decimale sul costo dei mutui casa ai clienti delle banche, che sono poi anche i nostri. Le imprese di costruzioni pagano subito i dipendenti, i fornitori a 40 giorni, mentre incassano a 120. Parliamo di aziende storicamente sottocapitalizzate e, venendo da dieci anni di difficoltà, non possiamo che star peggio».
Il numero uno dei costruttori teme problemi di cassa e non solo: «Tutto sommato la vedo male. Avevamo visto un barlume di luce, ma questo spread, con un possibile effetto domino banche-credito mi fa tornare la depressione. Nel nostro settore si lavora con la fiducia...». Il clima economico non aiuta. Di certo non aiuta quella che Il Sole 24 Ore, quattro giorni fa, ha annunciato come «mini stangata sui tassi». Dopo Intesa (più 0,05% da luglio), anche Unicredit si è aggiunta all’elenco delle banche che alzeranno i tassi sui nuovi mutui: tra i 10 e i 30 punti base sul tasso fisso, 20 sul variabile.