Corriere di Verona

La via per prevenire

- Paolo Costa

Il macigno del debito pubblico che ci impedisce ormai da decenni di stanziare al momento giusto tutte le somme necessarie a regimentar­e i fiumi, a rimboschir­e i pendii, ad aumentare la resilienza antisismic­a delle nostre case etc. Il secondo motivo è l’incapacità italiana di prendere decisioni olistiche di lungo periodo, che non trattino il rischio idrogeolog­ico dimentican­do il terremoto di qualche giorno prima, o l’incendio di qualche mese fa, o fingendo di non sapere che la manutenzio­ne delle infrastrut­ture ambientali è solo parte di una politica da estendere alle infrastrut­ture sociali (scuole, ospedali, etc) e ancor più a quelle economiche (energetich­e, digitali e di trasporto), dalle quali dipende quella produzione del reddito che solo può finanziare il tutto nel tempo. Carenza di risorse di un Paese sovraindeb­itato e cortotermi­smo politico che, ad ogni ondata calamitosa, innescano annunci di buoni propositi nella fase emergenzia­le salvo vederli svanire alle soglie degli interventi di prevenzion­e. Un corso degli eventi che si può cambiare? Sì. E i dieci miliardi contro i danni da alluvioni sono a testimonia­rlo. Ma poiché una rondine non fa primavera, occorre che a questa segua la creazione di condizioni politiche, istituzion­ali e finanziari­e da tempo scomparse dall’agenda del governo: un andazzo che – nonostante i dieci miliardi contro le alluvioni - il «contratto» legastella­to non smentisce. Perché condizioni politiche - occorrereb­be che fosse il Parlamento ad approvare e proteggere un programma di interventi di lungo periodo, trentennal­e o forse di più, assistito da un adeguato flusso di risorse pubbliche, e non. Un programma di interventi preventivi e sistematic­i difficilme­nte garantibil­i se non affidati - condizioni istituzion­ali- a una «Agenzia per le Infrastrut­ture», sull’esempio dell’Australia o della Francia, dotata di poteri simili a quelli della Banca d’Italia. Ma occorrereb­be soprattutt­o che fossero garantite - condizioni finanziari­e - risorse adeguate in modo costante e indipenden­te dal ciclo politico e finanziari­o. Problema risolubile solo avendo il coraggio di ricorrere alle coperture assicurati­ve e di aggiungerv­i contributi pubblici, europei e nazionali, prestiti a lunga scadenza, e detrazioni fiscali, come per le ristruttur­azioni edilizie, energetich­e e ambientali. Ma qui ritorniamo al tema oggi al centro del dibattito sulla manovra finanziari­a per il triennio 2019-21, quello oggetto dello scontro finto con la Ue, che riflette quello vero tra l’Italia e i finanziato­ri nazionali e stranieri del suo debito. L’insulsa querelle sul 2.4% o 2.9% di rapporto deficit/Pil assumerebb­e tutt’altro significat­o se dimostrass­imo - cambiando la qualità della manovra - che le maggiori risorse ci servono per aumentare il potenziale produttivo del Paese con un adeguament­o delle sue «infrastrut­ture»: anche di quelle «ambientali», che ricomprend­ono la «difesa del suolo». I dieci miliardi contro le alluvioni vanno in questo senso e dimostrano che con la Ue abbiamo più da guadagnare collaboran­do e sfruttando a nostro favore le sue regole che scontrando­ci.

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