Il signor G. e l’impero di ceramica L’epopea veneta dei Pagnossin
di Gianni Favero
«A volte mi recavo allo spaccio della fabbrica per raccogliere l’incasso, poi mettevo i soldi sul tavolo e lui apriva il cassetto per buttarli alla rinfusa senza neppure contarli. Si prendeva quelli che gli servivano e mi diceva di versare gli altri». Immagine non concepibile se si pensa che non si sta parlando di un piccolo artigiano ma di un industriale sponsor di Formula Uno e presidente di squadre di basket che vincono gli scudetti. Lui è Giulio Pagnossin, fondatore dell’omonima azienda delle ceramiche di Treviso, e siamo negli anni Settanta del secolo scorso. Il ricordo della sua segretaria, Edda Fenzi, è solo uno fra i molti raccolti in un libro, «Il signor Giulio», curato da Prando Prandi e presentato ieri in un gremitissimo Palazzo dei Trecento, nel capoluogo della Marca, a quasi 40 anni dalla scomparsa del protagonista. Aveva 54 anni e, per la malattia di cui soffriva, secondo i medici avrebbe dovuto morire a 35.
Il volume, costruito sulle testimonianze di familiari e conoscenti, ha il pregio di ricostruire attraverso uno fra i suoi esponenti più noti una società ed un modo di intendere impresa ed economia che non ci sono più. Un periodo storico in cui il Nordest si affrancava dalla sua mediocrità rurale per diventare locomotiva manifatturiera ed i capitani d’impresa potevano ancora vivere in uno splendido equilibrio fra fabbrica e affetti, fra soldi e grosse auto e chiacchiere in dialetto al bar o sulla spiaggia di Jesolo.
Sul perché la Pagnossin, con le sue formidabili ceramiche decorate, sparì con il signor Giulio la spiegazione più genuina arriva ancora dalla sua assistente. «L’azienda aveva assunto una dimensione tale da non giustificare più una conduzione familiare che solo Giulio Pagnossin poteva garantire con il suo carisma». La Pagnossin fu una cometa luminosissima al passaggio su Treviso ma poi sparita in sfere molto lontane dal pensiero imprenditoriale del signor Giulio. La acquisì Carlo Rinaldini che poi comprò anche Richard Ginori, allungando la vita del marchio fino allo spegnimento definitivo dei forni con il fallimento del 2008. Ma sarebbe un errore pensare alla fabbrica come unica vera passione di Giulio Pagnossin. L’ultima lettera che dettò alla segretaria, dal reparto di oncologia di Padova, era piena di terribili aggettivi verso Franco Novarina, allenatore della squadra di basket, reo di scarso impegno. Fu la moglie, consapevole di quanto l’uomo potesse ferire nei momenti di rabbia, a decidere di lasciare la missiva nel cassetto.