Pittura e musica a Verona La mostra a Castelvecchio C’
Una sessantina di opere e rari pezzi conservati nei depositi in esposizione fino a maggio. Da Brusasorci a Creara E strumenti musicali tra cui il trombone più antico d’Europa
era una scuola fiorente, aggiornata sulle novità europee, con artisti le cui opere venivano richieste da una raffinata committenza. Ma un evento drammatico, la peste del 1630, stronca un’intera generazione gettando un velo di dimenticanza sulla scuola veronese di pittura nata tra Cinque e Seicento intorno alla bottega di Domenico e Felice Brusasorci. Bottega - Scuola – Accademia. La pittura a Verona dal 1570
alla peste del 1630, inaugurata venerdì al Museo di Castelvecchio di Verona, è la mostra composta da una sessantina di opere e rappresenta un’occasione per vedere rari pezzi conservati nei depositi accanto a una selezione di prestiti provenienti dalle collezioni dell’Accademia Filarmonica, del Banco BPM, di Fondazione Cariverona e dalla basilica di Sant’Anastasia. In corso fino al 5 maggio, la mostra è cura di Francesca Rossi, direttore dei Musei Civici di Verona, e di Sergio Marinelli, l’allestimento è di Alba Di Lieto in collaborazione con Ketty Bertolaso. Il percorso inizia con la suggestione dell’ambiente dell’Accademia Filarmonica all’interno della quale si era formata la cultura musicale di Felice Brusasorci, capostipite di una fiorente bottega i cui più importanti allievi furono Sante Creara, Alessandro Turchi, Pasquale Ottino e Marcantonio Bassetti che fecero fortuna tra i grandi collezionisti d’Europa. Un ambiente rievocato dall’esposizione di alcuni rari strumenti, tra cui il terzo trombone più antico al mondo, spartiti, gli stessi che vengono in alcuni dipinti citati in gioco di colti richiami, e manoscritti. Dipinti, cromaticamente intensi, alcuni mai prima esposti, che si pone con una propria identità sul crocevia tra tardo Manierismo, pittura della Realtà e Classicismo imponendosi nel territorio attraverso una serie di importanti committenze per chiese, palazzi pubblici e privati. Un percorso che si pone in sala Boggian come approfondimento di quanto accennato nelle ultime sale del museo di Castelvecchio, riallacciandosi alla mostra che Licisco Magagnato allestì nel 1974 alla Gran Guardia Cinquant’anni di pittura veronese 1580-1630 punto di partenza per una serie di ricerche e studi. Un’operazione, ha spiegato Francesca Rossi, dal valore identitario.