Bennato live «Canto i Pinocchi nell’era dei fake»
Domani a Verona il concerto del cantautore. «Parlo di politica attraverso le favole e con il rock scardino i luoghi comuni. Ma il mio obiettivo è quello di divertire»
Domani sera alle 21, réunion di mastro Geppetto, Lucignolo e Capitan Uncino al Teatro Filarmonico, in occasione del concerto di Edoardo Bennato. Sarà lui a muovere il «Burattino senza fili», capolavoro musicale che l’anno scorso ha compiuto quarant’anni e trampolino di lancio del suo nuovo show «Pinocchio & Co». Con chitarra e armonica, il cantautore partenopeo promette un girotondo di successi, brani inediti e repertorio riarrangiato.
Chi sono i «Pinocchi» di oggi?
«Difficile da dire nell’era dei fake. Nella politica i “Pinocchi” sono la regola, ma non tutti ovviamente! Mi piacerebbe che le bugie allungassero davvero il naso... sarebbe facile smascherarle».
Quanto contano le favole?
«Le favole mi offrono l’opportunità di trattare argomenti, magari anche di natura socio-politica, evitando di risultare didascalico, retorico o peggio moralista. A nessuno piace sentirsi fare lezioni di morale».
Da piccolo, era sua madre Adele a leggergliele?
«Mia madre è stata fondamentale nell’avviare me e i miei due fratelli alla musica. Quando avevo 7 anni ci portò al cinema a vedere Peter Pan di Walt Disney: è lì che rimasi folgorato dal mondo fantastico delle fiabe».
Com’è cambiato il rock dagli anni’70?
«Il rock segue le sue regole ed è, per fortuna, in continua evoluzione».
Come il rock ha cambiato tutto il resto?
«Il rock è una filosofia di vita: è tentare di scardinare i luoghi comuni, di camminare sul lato opposto della strada, in direzione ostinata e contraria. Quando il rock si adegua, non è più rock».
Anche un quartetto d’archi (con lui nel tour 2018)
può essere rock?
«La formula del quartetto d’archi l’ho utilizzata fin dalla prima ora. Già nell’album “Non farti cadere le braccia” gli archi vengono usati in modo ritmico, quasi persuasivo».
Scrive prima musica o testi?
«Io scrivo sempre prima la musica cantando in finto inglese, una specie di grammelot. A volte una parola o una frase che apparentemente non ha alcun senso diventa fondamentale perché mi suggerisce l’argomento di cui parlare».
Che cosa le piace di più del suo lavoro?
«Più che un lavoro, la musica è la mia passione. Spero di fare del buon rock&roll, perché l’obiettivo è far divertire, instigare qualche riflessione ma, soprattutto creare buone vibrazioni. Per lavoro avrei potuto fare l’architetto».
Quanto conta per lei denunciare ingiustizie?
«Due anni fa ho ricevuto un premio da Amnesty International, che fa un lavoro encomiabile. Dare voce ai diritti delle persone meriterebbe molta più attenzione da parte di tutti».
Passiamo a Napoli.
«È la città in cui sono nato e in cui vivo. A differenza di molti artisti napoletani, non mi sono spostato in altre città, in cui probabilmente ci sono anche meno tensioni. Per me Napoli è la città più bella del mondo, sebbene coi suoi problemi e paradossi».