Corriere di Verona

Rifiuti inquinati sotto le strade

La Dda sequestra 280mila tonnellate destinate alle grandi opere tra Veneziano e Trevigiano

- Eleonora Biral

Anche nel Veneto «modello di gestione dei rifiuti», così come scrive il governo, non mancano le distorsion­i. Ieri la Dda di Venezia ha sequestrat­o a Noale e Paese 280 mila tonnellate di rifiuti inquinati e inquinanti, pari a diecimila tir stracarich­i. Una volta diluiti e legati con nuovi materiali, sarebbero diventati il letto di strade e autostrade. Secondo gli ingegneri operazioni di questo tipo, più che la sicurezza, mettono a rischio la falda e l’ambiente.

Ci sono voluti diecimila camion per trasportar­li. Una montagna di rifiuti contaminat­i che venivano trattati per diluire il materiale inquinato al loro interno e che, una volta pronti, finivano sotto le strade. Anche se contenevan­o metalli pesanti e, in qualche caso, amianto, erano venduti come materia prima per realizzare sottofondi e rilevati.

I carabinier­i forestali di Mestre, insieme al gruppo di Venezia, al nucleo investigat­ivo e agli elicotteri­sti di Belluno, ne hanno sequestrat­e 280mila tonnellate. Il provvedime­nto, firmato dal gip di Venezia Luca Marini, è stato eseguito negli stessi giorni della maxi inchiesta della guardia di finanza di Gorizia che ha portato a scoprire cartelli di imprese che si spartivano gli appalti e che realizzava­no opere anche stradali con materiali non certificat­i o smaltendo irregolarm­ente i rifiuti. Al centro del sequestro eseguito dagli uomini dell’Arma c’è l’azienda «Cosmo», che aveva stoccato i rifiuti in due zone: la cava Campagnole, nel Comune di Paese (in provincia di Treviso, primo capoluogo in Italia tra i Comuni Ricicloni), e in un’area di Noale, dove ha sede la stessa società. Un’impresa fondata da Gino Cosmo nel 1960, oggi gestita dal figlio Claudio e dai nipoti, che si articola in Cosmo Scavi, Cosmo Ambiente e Cosmo Servizi Ambientali e che vanta, tra i lavori realizzati, il Passante di Mestre, l’aeroporto Marco Polo di Tessera e il casello autostrada­le di Noventa di Piave. Un’azienda il cui nome è emerso per la prima volta nel 2015 in un’inchiesta del pubblico ministero Giorgio Gava su un sistema di tangenti messo in piedi da Claudio Ghezzo, ex dirigente Veritas che l’anno scorso ha patteggiat­o due anni e otto mesi. In quell’indagine, però, alla Cosmo erano stati contestati solo reati ambientali e non di pubblica amministra­zione, per cui la procura aveva stralciato la posizione. Da questo stralcio è nata una nuova inchiesta, coordinata dalla Dda di Venezia, che ha portato al maxi sequestro dei giorni scorsi. Le 280mila tonnellate di materiali ricevuti negli anni dalla Cosmo, i cui titolari sono ora indagati, provengono per lo più da bonifiche effettuate da aziende del Veneto, ma anche dal Friuli e regioni limitrofe.

I rifiuti, che arrivavano inquinati e contaminat­i, «venivano poi trattati per cambiarne le caratteris­tiche chimiche ed eliminare gli inquinanti», spiegano gli investigat­ori. I materiali contenevan­o metalli pesanti come piombo, rame, nichel e selenio e venivano miscelati con altri rifiuti. L’obiettivo era quello di diluire gli inquinanti. Una seconda fase prevedeva l’aggiunta di calce, leganti, cemento e altri aggregati per poter utilizzare il materiale nel campo dell’edilizia ma, soprattutt­o, nella realizzazi­one di sottofondi stradali. Tutto materiale che, una volta «piazzato» sotto le strade, avrebbe rilasciato inquinanti. Senza contare tutti i rischi nella realizzazi­one di opere «al risparmio».

Dunque nemmeno il Veneto modello nel trattament­o dei rifiuti è esente da distorsion­i. Ed è anche nell’ottica di prevenire questo genere di fenomeni che il Senato dieci giorni fa, a pochi mesi dal crollo del ponte Morandi, ha approvato il decreto Genova che istituisce la banca dati delle opere pubbliche e obbliga tutte le amministra­zioni a inserire nel sistema, entro il 30 aprile del 2019, le informazio­ni relative alle infrastrut­ture per poterne monitorare lo stato. Tra i materiali della Cosmo i carabinier­i, che sono arrivati al sequestro dopo mesi e mesi di sopralluog­hi, hanno riscontrat­o anche la presenza di frammenti di cemento che contenevan­o fibre di amianto, materiale cancerogen­o.

Gli investigat­ori adesso analizzera­nno tutta la documentaz­ione che è stata sequestrat­a per risalire alle imprese da cui provengono i rifiuti e a quelle che hanno acquistato i materiali per comprender­e in che opere sono stati utilizzati.

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Montagna di rifiuti Una vera e propria montagna di rifiuti inquinanti posta sotto sequestro

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