Corriere di Verona

L’allarme di Coccato: «Con i fondi stradali sporchi, a rischio l’acqua delle falde»

- M. Za.

Amianto, rame, nichel, piombo, metalli pesanti mescolati con «leganti», calce e cemento per diventare materiali per l’edilizia. Un’aberrazion­e che lascia esterrefat­to Massimo Coccato, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Padova.

Ingegnere, metalli pesanti mescolati a cemento destinati a diventare materiali per l’edilizia ma anche «sottofonda­zioni o rilevati stradali». Che ne pensa?

«Le notizie legate all’operazione Grande Tagliament­o e ai sequestri di oggi (ieri ndr) mi lasciano basito, sono tanti e tali i controlli, soprattutt­o se parliamo di lavori pubblici, che è da folli rischiare tanto».

Eppure...

«Un materiale classifica­to come rifiuto inquinante non è riutilizza­bile. Punto. Certo, il rifiuto, prima di arrivare in discarica può avere anche una nuova vita e anche con utilizzi importanti. La premessa però è fondamenta­le: a ciascun rifiuto si associa una modalità di trattament­o per la riduzione o l’eliminazio­ne di alcune componenti che lo rendono non adatto. Ma parliamo di materiali che, in nessun caso, possono essere materiali pericolosi. La nostra normativa è molto attenta e rigida, ci sono controlli importanti e direi quasi continui affidati in Veneto ad Arpav. Mi sembra quasi impossibil­e si arrivi a tanto»

A che rischi si va incontro utilizzand­o materiali «sporchi» come quelli sequestrat­i?

«I rischi sulla resistenza e durata dei manufatti realizzati con materiali spuri cambiano caso per caso. Se parliamo di sottofondi alle pavimentaz­ioni stradali il rischio è prettament­e ambientale ma se parliamo di manufatti come ponti e cavalcavia in cemento armato sarei un po’ più preoccupat­o anche sul fronte della resistenza».

Quindi il fondo delle autostrade «sporco» comporta soprattutt­o un rischio ambientale?

«Esattament­e. E parliamo, però, di un rischio ambientale in caso di fessurazio­ne dell’asfalto e percolamen­to ad esempio in falda degli inquinanti, gravissimo e inaccettab­ile».

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