Hellas, pareggio deludente I tifosi fuori, lo stadio vuoto
Il Verona, in un Bentegodi senza tifosi per la contestazione nei confronti di Setti, blocca la capolista Palermo sul pareggio. La sblocca Di Carmine, a metà della ripresa impatta Rajkovic. Grosso rimane in sella
I tifosi lo avevano promesso e lo hanno fatto. Così alla fine è stata una serata surreale: la tifoseria dell’Hellas fuori dallo stadio a protestare e la squadra dentro a giocare contro il Palermo davanti agli spalti vuoti. Chi si aspettava uno scatto dell’Hellas è rimasto deluso: è finita 1 a 1.
Nel deserto del Bentegodi, con gli unici cori udibili che salgono dal settore ospiti, e dai 300 tifosi al seguito del Palermo, il Verona tira avanti con un punto che è un bicchiere di acqua salata.
Stava per gustarsi il sapore buono di una vittoria che manca da un mese, l’Hellas, e per allungare la testa fuori dal tunnel, ma dopo è caduta nell’ennesima amnesia, per un 1-1 che è una pillola simile a un placebo e niente più: non cura nulla, anzi, ma per il momento lascia Grosso alla guida dei gialloblù. Il Verona è preoccupato, schiacciato dall’ansia accumulata. Comincia con la paura addosso, mentre il Palermo gli gira attorno, forte delle sue certezze, accumulata in capo a un periodo di risultati eccellenti. Grosso cambia la lista dei titolari. Ritrova Matos, e questa è una buona notizia, e propone dal via Lee, che si è era visto dall’inizio soltanto nella serata balorda culminata con la sconfitta con il Lecce. Preferisce Di Carmine a Pazzini, ma soprattutto fa un passo indietro su determinate scelte che parevano fuori discussione. Ecco Marrone a centrocampo a rimpiazzare Colombatto, mentre Dawidowicz si abbassa in mezzo alla difesa. Per questo Verona, e per l’impostazione che gli è stata data da agosto in avanti, è un quarantotto. Qualcosa è cambiato nelle valutazioni fatte dentro al bunker di Peschiera del Garda, e che ci sia un filo da essere sorpresi, dopo i numerosi ragionamenti usciti sulla funzione irrinunciabile di Marrone come regista arretrato, in connessione con le parole di Dawidowicz, che si è proclamato, a scanso di equivoci, uomo di mediana, è poco meno che d’obbligo.
La partita. Si diceva: Hellas intimidito, chiuso nelle tensioni che l’hanno intrappolato. Il Palermo si mette lì, ad aspettare l’occasione giusta per far crollare il Verona. E ci vogliono 28’ perché si muova qualcosa, con Silvestri che ribatte di prontezza sulla botta di Trajkovski. Avviso per l’Hellas. La raccomanda di ritorno è l’azione, ottimamente orchestrata, che Di Carmine finalizza con il gol del vantaggio gialloblù. Occhio: Lee apre una voragine nella linea arretrata del Palermo, la sponda di Matos è pregiata, il tocco risolutivo del 10 del Verona è una conseguenza squisita. Effetto istantaneo? L’Hellas recupera la fiducia che non c’era, prende a manovrare con un coraggio che latitava da tempo, non è bello ma riesce ad essere tenace, e già è abbastanza, con i chiari di luna che passano. Da qui a vincerla, tuttavia, ce n’è. Il Palermo, stranito per lo svantaggio, cerca di riorganizzarsi. Non che produca molto, ma è il Verona a servirgli il più comodo dei regali. Si appisola Dawidowicz, che perde la marcatura su Rajkovic: colpo di testa elementare ma potente, pari e patta. La partita si addormenta, per risvegliarla gli allenatori cambiano le pedine in campo. Stellone mette Puscas, Grosso inserisce Pazzini, ma non c’è molto altro da dire. Il finale è moscio e lascia l’Hellas con i suoi abituali interrogativi.
Di nuovo, la risposta è un rebus da risolvere, ma quel è scontato e che appare piuttosto evidente è che questo Verona non ha delle realistiche possibilità di lottare per conquistare la serie A.