La grigia desolazione del Bentegodi «Piange il cuore, ma stiamo fuori»
«Non c’è posto nel mondo dove l’uomo è più felice che in uno stadio di calcio» scrisse il filoso e drammaturgo Albert Camus, Nobel per la letteratura nel 1957 e grande appassionato e conoscitore del pallone.
Ma se quello stadio è deserto, nemmeno la felicità ha risposto all’invito. Lo stadio è calore, colore e respiro. Nulla di tutto ciò: questo Verona-Palermo passerà agli annali per una notte arida e malinconica dove padroni sono stati solamente il grigiore del cemento in spazi desolatamente vuoti (un migliaio, forse, i presenti) e l’assordante silenzio. L’anima al Bentegodi ieri sera non ci è proprio entrata. Sotto la pioggia la tribù dell’Hellas, erano circa duecento, si è radunata all’esterno sotto la pioggia per poi spostarsi davanti alla tribuna presidenziale dove ha esposto lo striscione «Facciamo quadrato per il Verona» e indirizzato cori di dissenso nei confronti di Maurizio Setti, additato come colui che l’anima l’ha incenerita insieme al suo sigaro. Lo sciopero, ampiamente annunciato attraverso il rullo di tamburi sui social, è stato trasversale e ha coinvolto tutta la gente del Verona, dalla galassia del tifo organizzato a chi organizzato lo è solo per andare alla partita per conto proprio. Tutti a casa.
Mauro è un vecchio cuore gialloblù: «Decisione giusta. Personalmente avrei preferito magari entrare nel secondo tempo, tanto a Setti di tutte queste cose non interessa nulla. Lo stadio vuoto in diretta televisiva è comunque un bello schiaffo». Qualche voce fuori dal coro c’è stata, come ad esempio «Giua», uno che di cose gialloblù ne ha viste: «In famiglia abbiamo quattro abbonamenti. Mi piange il cuore rimanere fuori. Non sono d’accordo ma mi adeguo. Speriamo almeno serva a qualcosa e che le cose migliorino. Me ne vado al bar a vedere la partita in tv con gli amici». «In tanti vogliono che Setti abbandoni, ma siamo sicuri che in futuro andremo meglio? E comunque serie A, B o C, non lascerò mai il mio Verona» sottolinea Michele. All’interno, campeggia nel deserto della curva Sud lo striscione: «Ecco il tuo bilancio!» indirizzato, e come ti sbagli, al presidente Setti. La serata umidiccia se la sono presa il chiassoso drappello di tifosi palermitani e pochi altri infreddoliti e ammutoliti qui e là. Poco più di un centinaio di tagliandi venduti è la cifra che certifica una serata spettrale, surreale quasi.
Rimane la cupezza di un quadro a tinte fosche senza cornice, surreale appunto quanto grottesco. Uno che il football lo amava come Pierpaolo Pasolini definì la partita di calcio come «ultima manifestazione sacra del nostro tempo». Ieri sera, di sacro c’è stata solo la tristezza. Titoli di coda di un black friday dove sconti e affari pare non averli fatti nessuno.