Celestini racconta la periferia dalla finestra
L’attore venerdì al Teatro Stimate. «Non ho mai un copione»
«La parola serve a evocare immagini. Io conosco la storia perché ricordo le immagini. Come quando torni da un viaggio e racconti quello che hai visto. Le parole contano poco. Ma chi ti ascolta immagina quello che tu hai visto». Questa è la poetica di Ascanio Celestini, autore, attore, regista, affabulatore, «e poi la parola è anche ritmo. Quando lavoro con i musicisti, cerco di accordare le parole ai suoni». Sarà lui a inaugurare venerdì la stagione «L’altro Teatro» con Pueblo, affacciandosi alla finestra di una periferia qualunque, per osservare le persone per strada. Sul palco insieme a lui, il fisarmonicista Gianluca Casadei.
Monologhi serratissimi, i suoi. Usa la memoria o va a braccio?
«Non ho mai un copione da imparare. Normalmente scrivo il testo dopo aver replicato per un po’ di tempo in teatro. Molti racconti non li ho mai scritti. Lo spettacolo Laika è in tournée in Belgio e Francia da due anni. Per lavorare con l’attore francofono che lo porta in scena, David Murgia, abbiamo trascritto quattro repliche dello spettacolo e abbiamo improvvisato su quelle quattro trascrizioni».
Oggi sembriamo tutti più propensi alle immagini che alle parole.
«Le immagini della televisione e della rete fingono di essere vere. Le persone sono indotte a credere di trovarsi di fronte alla realtà e invece si stanno ingozzando di un surrogato. Le immagini di cui parlo io sono quelle prodotte dallo sguardo delle persone, sono immagini immaginate. Il personaggio di Laika e Pueblo racconta quello che vede, ma quello che non conosce, si sforza di inventarlo. Non si ciba di prodotti precotti». Mai pensato di darsi alla politica? Chi proprio non le
piace?
«Non mi piacciono i partiti. Non mi piaceva Berlusconi quando gli italiani lo vedevano come l’imprenditore che faceva politica per salvare il Paese. Non mi piaceva Renzi quando voleva rottamare Berlusconi e la nomenclatura post-comunista. Non mi piace il partito di Casaleggio che vuole azzerare tutte le differenze destra-sinistra e poi si allea con la Lega. Non mi piace
Salvini che si appropria dei programmi di centro destra e del PD e li porta verso la fine della democrazia, verso il razzismo e il qualunquismo. Mi è stato chiesto di candidarmi, ma per me fare politica è un’altra cosa: significa battersi nel proprio campo». Qual è il male di vivere di oggi?
«La solitudine che ci trasforma in esseri che giudicano tutto e non conoscono più niente. Dobbiamo fare manutenzione della nostra umanità prima di perderla completamente». Dopo due film, pensa al terzo?
«Dopo entrambi i film sono finito al pronto soccorso pensando di essere in preda a un infarto. Ero credibile come moribondo. Ma si trattava di ansia. Mi piacerebbe fare il terzo, ma credo che potrebbe essere la volta buona che crepo davvero». I suoi progetti per il futuro?
«Ho appena pubblicato il libro L’armata dei senzatetto, con Contrasto. E sto finendo di scriverne un altro per Einaudi: è la storia di un ferroviere che raccoglie barzellette per il suo capostazione. Poi farò un Pierino e il lupo in primavera e tra un paio di anni, forse, la terza parte della trilogia alla quale appartengono Laika e Pueblo. S’intitolerà I
Draghi. Forse».