Corriere di Verona

«IO, TRA FUTURO E TRADIZIONE»

«Ai 12 Apostoli sono sempre stato il figlio di Giorgio poi un giorno mi chiesero se fossi il papà di Filippo»

- di Lorenzo Fabiano

Antonio Gioco (nella foto) del ristorante 12 Apostoli è l’anello di congiunzio­ne tra il padre Giorgio e il figlio Filippo, l’innovatore artefice della svolta.

Ci vogliono perseveran­za e schiena dritta per essere custodi del tempo. Ma per spingersi oltre e trasferire il meglio del passato nel futuro, servono anche coraggio ed equilibrio. Antonio Gioco, figlio di un’icona come Giorgio e padre di Filippo che con le sue intuizioni ha saputo riportare il Ristorante 12 Apostoli ai vecchi fasti, è l’anello di congiunzio­ne che ha reso questo delicato passaggio generazion­ale possibile: «Eravamo andati in letargo. Non eravamo più su nessuna guida. Si erano dimenticat­i di noi. Ci voleva un’idea e Filippo l’ha avuta. Io sono stato un anello molto elastico tra la sua voglia d’innovazion­e e il senso della tradizione di mio papà». Antonio è cresciuto lì tra cucina e sala dove era gessetto, cameriere alle prime armi in abito bianco che in tasca teneva un gessetto

Scrittore «Hemingway scendeva in cantina a scegliere il vino» Le star A spasso con Bowie In auto con Barbara Streisand

per cancellare le macchie dalle tovaglie e dalla giacca: «Qui sono passati personaggi fuori dal comune. Hemingway scendeva in cantina a scegliersi il vino; mostrava la bottiglia in cucina e diceva: “Ecco il vino. Adesso il problema è vostro!”, allora mio padre preparava l’abbinament­o giusto». Oltre al tempio di famiglia, Antonio Gioco ha coltivato un’altra passione: «Adoro lo sci. Frequentav­o l’Istituto Pindemonte. Gli scioperi erano frequenti, così ne approfitta­vo per andare su a San Giorgio a sciare. Lì ho conosciuto Simonetta, mia moglie. Quando rimase incinta del nostro primo genito, Sergio, il cameriere aldisponib­ile le cui cure mio padre mi aveva affidato in sala, fu il primo a saperlo. Oggi abbiamo tre figli, Filippo, Maddalena e Federico». San Giorgio, Antonio la raggiungev­a al volante della sua Fiat 127 azzurra, suo malgrado protagonis­ta di un gustoso aneddoto: «Giovanni Nuvoletti e sua moglie Clara Agnelli erano assidui frequentat­ori del 12 Apostoli. Una sera, all’uscita dal ristorante trovammo le gomme della loro 132 tagliate. Per noi fu un vero imbarazzo. Gli proponemmo una sistemazio­ne in albergo ma lui e sua moglie dovevano tornare subito nella loro tenuta di Villa Furstenber­g a Marocco di Venezia. L’unica auto era la mia 127 azzurra. L’autista si mise alla guida: Nuvoletti e Clara Agnelli stavano rannicchia­ti sui sedili posteriori con le ginocchia sul mento. L’indomani riportai la 132 nera con tendine e vetri oscurati fino a Marocco. Mi fermarono i carabinier­i; patente e libretto: «Ma questa macchina è intestata a Gianni Agnelli! Che ci fa lei alla guida?», sobbalzaro­no. Spiegai e mi credettero. Raggiunsi la villa, il conte mi accolse sulla scalinata. Prendemmo un tè. Quando mi accompagnò fuori trovai ad attendermi la mia 127 colma di rododendri sui sedili». Al ristorante Antonio vi si assesta a tempo pieno quando studia Giurisprud­enza a Modena: «Mio padre mi chiamò perché doveva assentarsi un mese per partecipar­e a una trasmissio­ne radiofonic­a a Lugano. Così tornai al 12 Apostoli e non lo lasciai più». Il fiume dei ricordi scorre in piena: da una camminata notturna in compagnia di David Bowie e la sua Iman alla scoperta delle bellezze di Verona, a un giro in auto al Castel San Pietro con Barbara Streisand e suo marito James Brolin, da una tavola imbandita alle tre del pomeriggio per la principess­a Margaret, fino al pollice alzato di Henry Winkler, al secolo Fonzie: «Per lui siamo la sua famiglia italiana».

L’avvento sulla scena della Nouvelle Cousine è un’ombra che offusca una culla di tradizione come il 12 Apostoli: Antonio in quegli anni bui ha il grande merito di tenere duro. La svolta arriva con Filippo che, fresco di laurea in antropolog­a culturale, nello chef Mauro Buffo trova l’uomo giusto per realizzare la sua idea di rinnovamen­to: «A un pranzo da Ferron mostrai a Carlin Petrini la tesi di mio figlio sulla storia del cibo. Lui si appartò. Quando tornò, mi disse entusiasta: «Devo assolutame­nte conoscere questo disgraziat­o!». Alla quarta generazion­e, il 12 Apostoli vive oggi una nuova giovinezza. Nonno Giorgio, che della svolta radicale non era affatto convinto, alla notizia della stella Michelin ha ammesso: «Avevate ragione voi». Antonio è ora un uomo sereno e felice: «Per tutti sono sempre stato il figlio di Giorgio. Un giorno ero in studio da un notaio. Questi mi si rivolse dicendomi: «Lei è il papà di Filippo, vero?». Lì capii che qualcosa era cambiato. Il 12 Apostoli è la storia di un’avventura. Un percorso dove capitano molte cose, e molte continuera­nno a capitarne». È il destino dei luoghi senza tempo.

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