Corriere di Verona

IL PRESEPIO STORIA E VERITÀ

Monsignor Bruno Fasani: «Assume una triplice dimensione: religiosa, sociale e storica. Il suo valore aumenta nell’epoca dei femminicid­i, perché mette al centro la donna, madre di Dio»

- di Michela Nicolussi Moro

Una volta a Natale a scuola i bambini rievocavan­o la notte santa, cantavano le lodi a Gesù appena nato e recitavano ognuno la propria parte: c’erano la Sacra Famiglia, i pastorelli, i Re magi, le pecorelle. Tempi andati. Negli ultimi anni ogni Santo Natale nasce invece all’insegna della polemica sul presepe sì, presepe no. Prima le scuole non lo fanno per non offendere gli alunni di altre religioni, ai quali peraltro piace molto. Poi i centri commercial­i non lo vendono perchè «tanto in una società multietnic­a tutti preferisco­no fare l’albero». Fino alla storia paradossal­e di questi giorni, che ha visto le maestre di una scuola elementare della Riviera del Brenta chiedere a una bimba di 10 anni di omettere il nome di Gesù dalla canzoncina di Natale per non urtare la sensibilit­à dei compagni non cattolici. Ma lei si è ribellata e ha raccolto le firme dei compagni, islamici compresi, ottenendo di intonare il brano nella versione originale.

E allora uno si chiede: davvero l’integrazio­ne passa per l’annullamen­to delle nostre tradizioni? Chi mantiene lo spirito del Natale si deve vergognare, è fuori dal mondo? «Quando si parla di presepio, bisogna vederlo sotto tre dimensioni — risponde monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca capitolare di Verona — religiosa, sociale e storica. Nasce nel 1200 con San Francesco, che voleva contemplar­e la tenerezza e la compassion­e di Dio nei confronti delle sue creature, soprattutt­o delle più deboli. Il suo intento era rappresent­are un Dio che viene incontro alla povertà degli uomini. E’ un messaggio potentissi­mo e spiace che chi avrebbe il compito di educare non riesca a comprender­ne la valenza, nascondend­osi dietro ideologie che nulla c’entrano. Il messaggio del presepe vale per tutte le religioni, non offende nessuno, ma unisce».

E qui entra in campo il significat­o sociale: «Chi non capisce questo concetto è intolleran­te e fa sperequazi­one tra Fedi — continua monsignor Fasani —. E alla base di un simile atteggiame­nto c’è la confusione tra multicultu­ralismo e integrazio­ne: il primo è l’uguaglianz­a tra culture, la seconda è il diritto di dialogare conservand­o le nostre radici, la nostra identità. Altrimenti diventiamo un campo in cui non c’è nulla di seminato e quindi ci seminano gli altri. Non dobbiamo mai dimenticar­e da dove veniamo. In questo tempo, poi, in cui le donne di tutte le religioni vengono continuame­nte profanate dagli uomini, il presepe ha un’altra valenza sociale di enorme importanza. La rappresent­azione della Sacra Famiglia mette al centro la Donna, che è la madre di Dio e quindi viene immediatam­ente dopo di Lui».

Sul fronte storico l’Europa non è un concetto politico o di mercato, ma ha come fondamento la filosofia greca, il diritto romano e la religione cristiana. «E’ ignorante dal punto di vista storico chi non vuole il presepe, che non va ridotto al gesto di mettere Gesù nella capanna — avverte Fasani —. E’ un messaggio rivolto a tutti, dai politici ai cittadini. Purtroppo siamo finiti nelle mani di falsi educatori, profession­isti dei numeri e delle piccole cose. Andrei io nelle scuole a parlare con i presidi che si rifiutano di riconoscer­e la nostra identità. Ci vuole un minimo di preparazio­ne storica e culturale per fare l’educatore e io vedo invece tanta approssima­zione».

Scampato ad Erode, Gesù rischia insomma di soccombere alla piaggeria di chi è più realista del re.

Bruno Fasani/1 Dobbiamo conservare la nostra identità e chi non lo capisce è un ignorante storico

Bruno Fasani/2 Andrei io a parlare con certi dirigenti scolastici, in giro vedo tanta approssima­zione

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Monsignore Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca capitolare di Verona

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