IL PRESEPIO STORIA E VERITÀ
Monsignor Bruno Fasani: «Assume una triplice dimensione: religiosa, sociale e storica. Il suo valore aumenta nell’epoca dei femminicidi, perché mette al centro la donna, madre di Dio»
Una volta a Natale a scuola i bambini rievocavano la notte santa, cantavano le lodi a Gesù appena nato e recitavano ognuno la propria parte: c’erano la Sacra Famiglia, i pastorelli, i Re magi, le pecorelle. Tempi andati. Negli ultimi anni ogni Santo Natale nasce invece all’insegna della polemica sul presepe sì, presepe no. Prima le scuole non lo fanno per non offendere gli alunni di altre religioni, ai quali peraltro piace molto. Poi i centri commerciali non lo vendono perchè «tanto in una società multietnica tutti preferiscono fare l’albero». Fino alla storia paradossale di questi giorni, che ha visto le maestre di una scuola elementare della Riviera del Brenta chiedere a una bimba di 10 anni di omettere il nome di Gesù dalla canzoncina di Natale per non urtare la sensibilità dei compagni non cattolici. Ma lei si è ribellata e ha raccolto le firme dei compagni, islamici compresi, ottenendo di intonare il brano nella versione originale.
E allora uno si chiede: davvero l’integrazione passa per l’annullamento delle nostre tradizioni? Chi mantiene lo spirito del Natale si deve vergognare, è fuori dal mondo? «Quando si parla di presepio, bisogna vederlo sotto tre dimensioni — risponde monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca capitolare di Verona — religiosa, sociale e storica. Nasce nel 1200 con San Francesco, che voleva contemplare la tenerezza e la compassione di Dio nei confronti delle sue creature, soprattutto delle più deboli. Il suo intento era rappresentare un Dio che viene incontro alla povertà degli uomini. E’ un messaggio potentissimo e spiace che chi avrebbe il compito di educare non riesca a comprenderne la valenza, nascondendosi dietro ideologie che nulla c’entrano. Il messaggio del presepe vale per tutte le religioni, non offende nessuno, ma unisce».
E qui entra in campo il significato sociale: «Chi non capisce questo concetto è intollerante e fa sperequazione tra Fedi — continua monsignor Fasani —. E alla base di un simile atteggiamento c’è la confusione tra multiculturalismo e integrazione: il primo è l’uguaglianza tra culture, la seconda è il diritto di dialogare conservando le nostre radici, la nostra identità. Altrimenti diventiamo un campo in cui non c’è nulla di seminato e quindi ci seminano gli altri. Non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo. In questo tempo, poi, in cui le donne di tutte le religioni vengono continuamente profanate dagli uomini, il presepe ha un’altra valenza sociale di enorme importanza. La rappresentazione della Sacra Famiglia mette al centro la Donna, che è la madre di Dio e quindi viene immediatamente dopo di Lui».
Sul fronte storico l’Europa non è un concetto politico o di mercato, ma ha come fondamento la filosofia greca, il diritto romano e la religione cristiana. «E’ ignorante dal punto di vista storico chi non vuole il presepe, che non va ridotto al gesto di mettere Gesù nella capanna — avverte Fasani —. E’ un messaggio rivolto a tutti, dai politici ai cittadini. Purtroppo siamo finiti nelle mani di falsi educatori, professionisti dei numeri e delle piccole cose. Andrei io nelle scuole a parlare con i presidi che si rifiutano di riconoscere la nostra identità. Ci vuole un minimo di preparazione storica e culturale per fare l’educatore e io vedo invece tanta approssimazione».
Scampato ad Erode, Gesù rischia insomma di soccombere alla piaggeria di chi è più realista del re.
Bruno Fasani/1 Dobbiamo conservare la nostra identità e chi non lo capisce è un ignorante storico
Bruno Fasani/2 Andrei io a parlare con certi dirigenti scolastici, in giro vedo tanta approssimazione