Il prete malato di gioco chiedeva denaro andando di casa in casa
Tomba Extra, si è giocato 900mila euro dei fedeli
Sacerdote irreprensibile. Schivo, ma quando qualcuno chiedeva aiuto, non esitava ad aprirgli. Solo una cosa non tornava, la pressante richiesta di soldi che faceva ai fedeli: non solo a quelli della sua parrocchia. Ci sono luci e ombre nella storia di don Giuseppe Modena, ora accusato di essersi «mangiato» centinaia di migliaia di euro.
Un sacerdote irreprensibile, preparatissimo nella dottrina. Una persona schiva, ma quando qualcuno bussava alla canonica chiedendogli aiuto, non esitava ad aprirgli. Solo una cosa non tornava, la pressante richiesta di soldi che faceva ai fedeli: non solo a quelli della sua parrocchia, Tomba Extra, dalle parti di Borgo Roma, periferia sud di Verona, ma anche quella dove era stato parroco precedentemente, Ca’ di David, praticamente confinante. Ci sono luci e ombre nella storia di don Giuseppe Modena, stimatissimo presbitero della diocesi di Verona, ora accusato di essersi «mangiato» centinaia di migliaia di euro provenienti dai fedeli nel gioco d’azzardo, in particolare alle slot machine.
Una contraddizione che si accompagna ad un’altra stranezza: nessuno, al momento, pare aver sporto denuncia. Nemmeno la Curia, che ha il problema, in tempo di vacche magre, di dover ripianare un buco enorme nel bilancio parrocchiale. La vicenda ha, però, dei punti fermi. Il trasferimento, firmato dal vescovo nell’agosto del 2017, con cui don Modena veniva sollevato dall’incarico di parroco per andare a dirigere il centro di spiritualità diocesano di San Fidenzio, sulle colline a nord della città. Un incarico di rilievo, ma che non presuppone, per l’appunto, il contatto con i parrocchiani. In seguito, il sacerdote è stato accolto da un convento milanese, come rende noto sempre la diocesi di Verona. Il secondo aspetto riguarda i debiti della parrocchia, una delle più grandi della città, con i suoi 5.500 fedeli.
Si parla di centinaia di migliaia di euro, frutto di lavori non pagati sulle numerose opere parrocchiali. E anche i soldi raccolti dal sacerdote, casa per casa, ammonterebbero a una cifra rilevante: 900 mila euro, è il conto che ha fatto qualcuno dei parrocchiani, mettendo insieme le persone che gli avrebbero donato dei soldi, chi cento, chi mille, chi cinquemila euro, proprio per consentire di andare avanti con la risistemazione degli immobili.Dove sono finiti quei soldi? In mancanza di un’indagine della polizia, la diocesi ha solo qualche indizio: «Ci sono testimonianze di persone che l’hanno visto giocare – afferma don Stefano Origano, portavoce della Curia – ma sono solo alcune affermazioni: in realtà non sappiamo quello che è successo nel dettaglio. C’è il dubbio che si sia messo nelle mani di qualcuno di poco affidabile, magari proprio per realizzare qualcosa in parrocchia o aiutare qualcuno che potesse avere bisogno».
Detto in altre parole, c’è anche il timore che il prete sia finito vittima dell’usura. Pieno di dubbi anche uno dei suoi più stretti collaboratori, un laico che lavora in oratorio: «Dal 2014 – spiega – ha dismesso il comitato per il bilancio del consiglio parrocchiale e non abbiamo più capito dove finivano i soldi. Se li giocava? Non possiamo saperlo, quel che certo è che ne era sempre alla ricerca. Secondo me ci siamo mossi tutti troppo tardi, noi, e i suoi superiori. E anziché aiutarlo, la situazione è peggiorata».