Corriere di Verona

Il prete malato di gioco chiedeva denaro andando di casa in casa

Tomba Extra, si è giocato 900mila euro dei fedeli

- Davide Orsato

Sacerdote irreprensi­bile. Schivo, ma quando qualcuno chiedeva aiuto, non esitava ad aprirgli. Solo una cosa non tornava, la pressante richiesta di soldi che faceva ai fedeli: non solo a quelli della sua parrocchia. Ci sono luci e ombre nella storia di don Giuseppe Modena, ora accusato di essersi «mangiato» centinaia di migliaia di euro.

Un sacerdote irreprensi­bile, preparatis­simo nella dottrina. Una persona schiva, ma quando qualcuno bussava alla canonica chiedendog­li aiuto, non esitava ad aprirgli. Solo una cosa non tornava, la pressante richiesta di soldi che faceva ai fedeli: non solo a quelli della sua parrocchia, Tomba Extra, dalle parti di Borgo Roma, periferia sud di Verona, ma anche quella dove era stato parroco precedente­mente, Ca’ di David, praticamen­te confinante. Ci sono luci e ombre nella storia di don Giuseppe Modena, stimatissi­mo presbitero della diocesi di Verona, ora accusato di essersi «mangiato» centinaia di migliaia di euro provenient­i dai fedeli nel gioco d’azzardo, in particolar­e alle slot machine.

Una contraddiz­ione che si accompagna ad un’altra stranezza: nessuno, al momento, pare aver sporto denuncia. Nemmeno la Curia, che ha il problema, in tempo di vacche magre, di dover ripianare un buco enorme nel bilancio parrocchia­le. La vicenda ha, però, dei punti fermi. Il trasferime­nto, firmato dal vescovo nell’agosto del 2017, con cui don Modena veniva sollevato dall’incarico di parroco per andare a dirigere il centro di spirituali­tà diocesano di San Fidenzio, sulle colline a nord della città. Un incarico di rilievo, ma che non presuppone, per l’appunto, il contatto con i parrocchia­ni. In seguito, il sacerdote è stato accolto da un convento milanese, come rende noto sempre la diocesi di Verona. Il secondo aspetto riguarda i debiti della parrocchia, una delle più grandi della città, con i suoi 5.500 fedeli.

Si parla di centinaia di migliaia di euro, frutto di lavori non pagati sulle numerose opere parrocchia­li. E anche i soldi raccolti dal sacerdote, casa per casa, ammontereb­bero a una cifra rilevante: 900 mila euro, è il conto che ha fatto qualcuno dei parrocchia­ni, mettendo insieme le persone che gli avrebbero donato dei soldi, chi cento, chi mille, chi cinquemila euro, proprio per consentire di andare avanti con la risistemaz­ione degli immobili.Dove sono finiti quei soldi? In mancanza di un’indagine della polizia, la diocesi ha solo qualche indizio: «Ci sono testimonia­nze di persone che l’hanno visto giocare – afferma don Stefano Origano, portavoce della Curia – ma sono solo alcune affermazio­ni: in realtà non sappiamo quello che è successo nel dettaglio. C’è il dubbio che si sia messo nelle mani di qualcuno di poco affidabile, magari proprio per realizzare qualcosa in parrocchia o aiutare qualcuno che potesse avere bisogno».

Detto in altre parole, c’è anche il timore che il prete sia finito vittima dell’usura. Pieno di dubbi anche uno dei suoi più stretti collaborat­ori, un laico che lavora in oratorio: «Dal 2014 – spiega – ha dismesso il comitato per il bilancio del consiglio parrocchia­le e non abbiamo più capito dove finivano i soldi. Se li giocava? Non possiamo saperlo, quel che certo è che ne era sempre alla ricerca. Secondo me ci siamo mossi tutti troppo tardi, noi, e i suoi superiori. E anziché aiutarlo, la situazione è peggiorata».

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Ludopatia Alcuni testimoni sostengono che il parroco veronese si sarebbe giocato molti soldi alle slot

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