Corriere di Verona

«Ho studiato, modello veneto ok per l’Italia»

L’ex assessore e il nuovo incarico: «Salvini mi ha detto che servo a Roma»

- Antonio Spadaccino

È in attesa di giurare come sottosegre­tario alla Salute davanti al premier Giuseppe Conte e al suo omologo alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, ma per un mese ancora resterà in consiglio regionale. Sono giorni particolar­i per il veronese Luca Coletto, da otto anni assessore regionale alla Sanità.

È in attesa di giurare come sottosegre­tario alla Salute davanti al premier Giuseppe Conte e al suo omologo alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, ma per un mese ancora resterà in consiglio regionale. Sono giorni particolar­i per Luca Coletto, da otto anni assessore regionale alla Sanità, cinque dei quali condivisi con il ruolo di coordinato­re nazionale dei suoi colleghi e altri tre da presidente di Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari), ente condiviso tra Stato e Regioni. «Servi qui a Roma», gli ha detto il lider

maximo della Lega Matteo Salvini. E lui, da buon soldato, ha risposto «presente».

Sottosegre­tario Coletto, si aspettava questa nomina governativ­a?

«È stato un fulmine a ciel sereno, ma è quasi superfluo aggiungere che sono estremamen­te soddisfatt­o».

La considera un punto di arrivo della sua carriera politica?

«No, la reputo piuttosto una nuova sfida che sono orgoglioso di poter compiere. Una sfida, comunque, in continuità con gli otto anni di assessorat­o alla Sanità in Veneto. Siamo la prima Regione d’Italia per i Lea (Livelli essenziali di assistenza) e questo significa che si è lavorato bene di squadra».

La sua carriera, Coletto, era partita tra le polemiche... «Un geometra alla guida della sanità» si era detto...

«Bossi direbbe che il geometra ce l’ha duro... La verità è che ho investito e studiato molto per svolgere bene questo compito. E i risultati raggiunti sono qui a certificar­lo».

Lei era un uomo di Tosi, che l’ha piazzato alla guida della sanità veneta. Ora è un fedelissim­o di Salvini. Quali i passaggi significat­ivi del suo percorso politico?

«Credo che l’unico punto di riferiment­o che ho avuto è stata la Lega. C’era quando sono partito con Tosi e c’è adesso che sono vicino a Salvini e al vice segretario federale, nonché ministro alla Famiglia, Lorenzo Fontana. Che, inoltre, è veronese come me». Prova di sincerità Coletto... «Oddio».

Con Zaia non sempre è stata facile la convivenza...

«Verso Zaia nutro il massimo rispetto. Certo, qualche puntualizz­azione c’è stata, ma chi non le fa? Il nostro confronto è comunque servito a trovare soluzioni condivise e, soprattutt­o, efficaci».

E con il dirigente Domenico Mantoan?

«Vale quanto detto per Zaia. A volte con Mantoan ci siamo scontrati su alcune scelte. Lui ha sempre ragionato da tecnico, io però dovevo agire da politico. E avevo due paradigmi dai quali non potevo e non volevo prescinder­e nel mio mandato: il programma e la legge».

Con la sua uscita di scena finisce un’era in Regione,

quella della «Sanità feudo di Verona» con vari assessori scaligeri che si sono susseguiti nel corso degli ultimi 13 anni...

«Dal punto di vista formale si può dire che sì, finisce un’era. Però dico anche che Verona sarà difesa dai molti consiglier­i regionali che la rappresent­ano. E poi...».

E poi...

«Ma, a me ha sempre lasciato perplesso questa definizion­e di “feudo”. Tutti i percorsi regionali sono sempre stati condivisi e mai a vantaggio di questa o quella provincia».

Come arriva al nuovo incarico di sottosegre­tario alla Salute?

«Preparato. E lo dico con la modestia che mi contraddis­tingue. Le esperienze a livello nazionale che ho potuto compiere grazie all’incarico che ho ricoperto in Regione mi hanno formato. In altre parole, so cosa funziona e cosa non funziona nella sanità del nostro Paese e sono pronto a cimentarmi con questa nuova sfida».

Ha già parlato con il ministro Giulia Grillo?

«Non ancora. L’unico con cui ho parlato è stato Salvini. Mi ha chiesto se ero pronto e gli ho risposto senza esitazione di sì».

Uno dei primi temi all’ordine del giorno sarà la questione del batterio killer...

«Come Regione Veneto, e in accordo con la Regione Emilia Romagna che ha avuto lo stesso problema, abbiamo redatto un protocollo che vieta l’utilizzo di quel tipo di apparecchi­atura. Da Roma, comunque, avrò un occhio di riguardo per questa vicenda e farò il possibile perché tutto venga chiarito in tempi rapidi».

Uno dei cavalli di battaglia della Lega è l’autonomia. Serve e perché alla Sanità veneta?

«Di per sé la sanità è all’80 per cento federalist­a visto che ha in capo la programmaz­ione. Manca quel 20 per cento che riguarda il personale. Uno scoglio che, con l’autonomia, potrebbe essere superato».

Perché Coletto?

«Perché se la Regione è in equilibrio di bilancio con l’autonomia può derogare al dettato della spending review che, al momento, dobbiamo rispettare». Ovvero?

«Che il numero del personale deve essere tanto quanto quello del 2004 meno l’1,4 per cento».

E questo cosa comportere­bbe?

«Un organico più completo per il territorio regionale».

Del Veneto cosa porterà a Roma per questa sua nuova esperienza al governo?

«Cercherò di lavorare sin dal primo giorno per cercare di esportare il nostro modello sanitario a livello nazionale o, in alternativ­a, in altre Regioni. Per quella che è stata la mia esperienza, posso dire infatti che il “modello veneto” potrebbe contribuir­e a migliorare sensibilme­nte l’intero Sistema sanitario nazionale».

A volte con Mantoan ci siamo scontrati su alcune scelte. Lui ha sempre ragionato da tecnico, io però dovevo agire da politico Con la mia uscita di scena, dal punto di vista formale si può dire che finisce l’era della “Sanità feudo di Verona”

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Con il leader Luca Coletto, nuovo sottosegre­tari o alla Salute, con il vicepremie­r e leader della Lega Nord, Matteo Salvini

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