Serit, «no» del tribunale al sequestro del terreno per il nuovo stabilimento
Il Riesame richiesto dalla Cassazione: «L’azienda non è un ente di diritto pubblico»
Niente sigilli al terreno in località Testamatta di Rivoli dove Serit vorrebbe realizzare un nuovo impianto.
Niente sigilli al terreno in località Testamatta di Rivoli dove Serit vorrebbe realizzare un nuovo impianto di recupero e stoccaggio rifiuti. Il «niet» è stato depositato ieri dal Tribunale del Riesame dopo l’udienza di martedì scorso nella quale era stato affrontato per l’ennesima volta il caso, dopo la pronuncia della Cassazione. Gli Ermellini, ad aprile, avevano accolto il ricorso del pm Maria Beatrice Zanotti ordinando un Riesame bis per «qualificare la natura dell’attività esercitata (da Serit, ndr), ove diretta al soddisfacimento di un “interesse generale”». E il collegio presieduto dal giudice Rita Caccamo, ieri ha sciolto la riserva, confermando le tesi del Tribunale di Verona che aveva già bocciato per due volte la richiesta di sequestro presentata dalla procura. Niente sigilli, dunque, sulla base di un’interpretazione che per l’ennesima volta ha negato all’azienda attualmente presieduta da Massimo Mariotti i connotati dell’ente «di diritto pubblico».La vicenda è annosa e complicata e ha da sempre visto il comune di Rivoli (assistito dall’avvocato Tirapelle) battersi anche in sede amministrativa per evitare la realizzazione del nuovo stabilimento tuttora in stand-by. A far scattare le indagini della guardia di finanza coordinate dal pm Zanotti, era stata la «lievitazione» a tempo di record del prezzo del lotto di terreno concesso alla Serit nel giugno 2016 in «locazione finanziaria (con possibilità di riscatto, ndr)» per oltre 9 milioni, dopo che il primo dei quattro passaggi per l’alienazione del terreno superava di poco di 2 milioni di euro. Nel corso degli accertamenti sulla compravendita dell’area, il pm aveva iscritto nel registro degli indagati sei persone: si tratta dell’ex presidente Roberto Bissoli, dell’ex direttore Maurizio Alfeo, dell’ex presidente di Amia Andrea Miglioranzi, del costruttore Giannantonio Parolini, del tecnico della Provincia Carlo Poli e dell’ingegnere Gregorio Giovane (il collegio difensivo è composto tra gli altri dagli avvocati De Luca, Avesani, Pellicini, Galante). Ed era arrivato a ricorrere persino in Cassazione per ottenere il sequestro preventivo dell’area, ritenendo che Serit fosse organismo di diritto pubblico e per tanto obbligato all’osservanza delle regole di evidenza pubblica. Serit, società privata a totale partecipazione pubblica (il Comune di Verona per il doppio tramite di Agsm e Amia possiede il 97,74% delle quote, mentre il resto è di proprietà di alcuni Comuni scaligeri), secondo l’impostazione dell’accusa avrebbe subito un ingiusto danno economico dalla compravendita del terreno, con pari vantaggio per la società di leasing di Parolini. Ma il collegio presieduto dal giudice Caccamo, nell’udienza di martedì scorso, ha puntato i fari sulla natura «privata» dell’azienda e ha detto no ai sigilli («In definitiva svolge un’attività assoggettata al rischio d’impresa»). La Cassazione invitava poi a considerare anche la riconducibilità dell’azienda nell’alveo delle società cosiddette «in house providing», analizzando la natura del rapporto tra Serit e il Consorzio dei Comuni che beneficiano del servizio di raccolta rifiuti. Ma anche su questo punto il Riesame ha rigettato il ricorso: «Anche tale ultimo profilo non si attaglia in alcun modo alla società Serit srl». Niente sequestro.