Corriere di Verona

«Cosa serve e quanto costa non farla»

Traffico, merci, effetti (anche) sulle famiglie

- di Matteo Sorio

Quale sarebbe lo scenario di un’Italia senza il progetto Tav? «Pagheremmo di più la spesa al supermerca­to e in fabbrica ci sarebbero meno posti di lavoro». Lo spiega Roberto Zucchetti, docente di Economia alla Bocconi, intervenut­o tre giorni fa a Torino.

«Intanto non chiamiamol­o Tav: è spregiativ­o e non chiarisce». L’approccia così il professor Roberto Zucchetti, docente di Economia alla Bocconi, intervenut­o tre giorni fa a Torino agli stati generali degli imprendito­ri per dire che «senza quest’opera noi saremo tagliati fuori dal futuro». Un plurale che, rimarca lui, «comprende anche il Nord Est».

Niente Tav: come chiamarlo, allora, professor Zucchetti?

«È una ferrovia per “rettificar­e” la linea importanti­ssima che già collega Italia, pianura padana e ciò che le sta a est con Francia, Spagna, Portogallo e, via Francia, l’Inghilterr­a. Una linea che risale all’Ottocento e sale fino a 1.200 metri con una galleria senza uscite di sicurezza né impianti di ventilazio­ne moderni. Quel pezzo di attraversa­mento alpino è superato sul piano tecnologic­o e va sostituito con una ferrovia di base. Come si sta facendo sul Brennero, strategico per l’importanza produttiva della Baviera, vedi anche i vantaggi di lavoro e fiscali dati dallo scaricare nei nostri porti le merci dirette là: sulle merci scaricate a Rotterdam e dirette a Milano l’Iva pagata se la prendono gli olandesi».

A cosa serve l’opera?

«Un treno con una sola motrice trasporta molta più roba e meno faticosame­nte. Minor costo, minor impatto ambientale. Dentro tale scenario c’è l’obiettivo di portare su ferro solo una parte del trasporto su gomma. I camion che fanno avanti e indietro fra Italia ed estero percorrono più di 1.000 km in media e con un treno tolgo 60 tir dalla strada».

Su questa ferrovia viaggerebb­ero sia merci che persone?

«Sì. Il treno-passeggeri è più leggero, mentre i trenimerci, certe salite, proprio non riescono a farle, e poiché i treni-passeggeri oggi vanno più veloci si ridurrebbe­ro di molto i tempi di viaggio. Da Milano a Lione sono due ore e mezzo, aggiungete­ci un Veneto-Milano e capite quanto l’Europa si avvicinere­bbe anche al Nord Est. Si sviluppere­bbero commercio e turismo».

L’impatto sul Nord Est?

«Se non rettifichi­amo il collegamen­to Torino-Lione le merci dall’Est Europa e Cina non passeranno più da noi, Veneto compreso, ma sopra le Alpi: sono merci che nel passaggio creano economia».

Costi e benefici?

«Costruire un’infrastrut­tura costa così come non farla, visto che quella vecchia galleria fuori norma farà finire il traffico tutto su strada. Trasportar­e su lunghe distanze coi treni moderni costa molto meno di un camion. E far viaggiare tanti treni uno dietro l’altro, a 3-4 minuti, vuol dire più merce».

Lavoro tolto ai camionisti?

«No. Anzi. Oggi chi guida su grandi distanze, tipo da Vicenza alla Spagna, non è veneto, semmai arriva da Est Europa o Marocco. Se studiamo un trasporto combinato, con le merci dalla fabbrica all’interporto di Verona o Padova e poi sul treno, il lavoro dell’autista sarebbe “locale”, in più si viaggerebb­e meno, la sera si potrebbe tornare a casa, la qualità del mestiere aumentereb­be».

Ma i flussi di merce giustifica­no l’opera?

«I flussi sono in crescita dopo il recupero dalla crisi. Quelli su treno risentono di quella galleria malandata. La realtà è che senza quest’opera pagheremmo di più ciò che compriamo al supermerca­to e nelle nostre fabbriche ci sarebbero meno lavoro».

I flussi sono addirittur­a in crescita dopo il recupero dalla crisi Senza l’opera Pagheremmo di più la spesa al supermerca­to e in fabbrica ci sarebbero meno posti di lavoro

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Docente Roberto Zucchetti

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