Corriere di Verona

Aveva ammesso di essere «un po’ ubriaco»

A novembre aveva danneggiat­o una statua e colpito con una pietra i bassorilie­vi

- Enrico Presazzi

Lo scorso 17 novembre VERONA aveva provato a giustifica­re il suo raid vandalico all’interno di due chiese del centro città facendo riferiment­o ad alcune divergenze avute con un assistente dei chierici («il perpetuo»). E di fronte al giudice Sandro Sperandio, aveva poi ammesso di essere stato «un po’ ubriaco». Il clochard veronese di 45 anni Rosario Piccardi, ha patteggiat­o ed è riuscito a chiudere con una pena di un anno e una multa di 400 euro.

Lo scorso 17 novembre, nel corso della direttissi­ma, aveva provato a giustifica­re il suo raid vandalico all’interno di due chiese del centro città facendo riferiment­o ad alcune divergenze avute con un assistente dei chierici («il perpetuo»).

E di fronte al giudice Sandro Sperandio, aveva poi ammesso di essere stato «un po’ ubriaco». Ieri mattina, difeso dall’avvocato Maurizio Corticelli, il clochard veronese di 45 anni Rosario Piccardi, ha ottenuto il via libera al patteggiam­ento ed è riuscito a chiudere con una pena di un anno e una multa di 400 euro la vicenda che aveva creato non poca preoccupaz­ione tra gli istituti di culto cittadini. L’uomo, rinchiuso in carcere a Montorio dal momento del suo arresto, nel frattempo ha avuto modo di riflettere sulle sue azioni e si sarebbe profondame­nte pentito di quanto fatto nel giro di pochi minuti, la mattina dello scorso 16 novembre.

Tutto era iniziato verso le 10.15 nella chiesa di Santa Maria della Scala dei padri Servi di Maria, a pochi metri da piazza Nogara. All’interno, uno dei sacerdoti stava celebrando la funzione mattutina di fronte a una decina di fedeli. All’improvviso dei tonfi sordi provenient­i dal corridoio a lato: era Piccardi che, «armato» di un sanpietrin­o raccolto in strada, si accaniva su tre bassorilie­vi di epoca medievale (un monumento a Giovanni Arcolano e due stemmi lapidei della famiglia De Grandis).

Poi, come testimonia­to dai filmati del circuito interno di videosorve­glianza della chiesa, si era diretto verso un altare e dopo aver prelevato due lumini accesi, li aveva scagliati contro l’altarino dedicato a Sant’Antonio, imbrattand­olo con la cera. Scena ripetuta pochi istanti più tardi, con l’altare dedicato alla Vergine. «Ha rischiato di incendiare le tovaglie di pizzo» aveva commentato il priore, padre Roberto Pieropan che era riuscito a fornire ai carabinier­i della stazione di Verona principale un identikit preciso del vandalo. Poco più tardi, però, i militari erano stati chiamati per un altro blitz del tutto simile. Questa volta il vandalo era entrato in azione nella chiesa dei padri stimmatini, a due passi da piazza Cittadella. Lì Piccardi aveva prima tentato di forzare la cassetta delle offerte e poi, stizzito per il colpo andato a vuoto, aveva sfogato la sua delusione contro una statua in gesso raffiguran­te Santa Elisabetta d’Ungheria, scagliando­la a terra e mandandola in frantumi. Anche in questo caso, le immagini registrate dalle telecamere si erano rivelate preziose sin da subito. I militari erano riusciti a risalire in tempi rapidi all’identità di Piccardi, un soggetto già noto per via della lunga serie di precedenti.

E verso mezzogiorn­o le pattuglie del nucleo operativo e radiomobil­e lo avevano rintraccia­to mentre vagava in stato confusiona­le sui Bastioni di circonvall­azione Oriani. Portato in caserma, era stato poi arrestato per danneggiam­ento e tentato furto. Al termine della direttissi­ma, il giudice Sperandio lo aveva lasciato in carcere: «Il suo modo di agire di fronte alle difficoltà della vita è indicativo di soggetto che ricorre a qualsiasi mezzo, anche violento, pur di soddisfare i suoi bisogni» riportava il provvedime­nto. Ieri il patteggiam­ento.

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Lo sfregioLa statua di Santa Elisabetta d’Ungheria che Piccardi h ha afferrato e poi buttato a terra

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