Corriere di Verona

«Insisto per avere le scuse Lo devo a mio marito»

Salma irriconosc­ibile, la vedova: vado avanti

- Matteo Oxilia

«Lo devo a mio marito. Glielo devo. Non mi fermo e sto facendo preparare una lettera dai legali». La voce è ferma. Abbassa il volume della television­e. Il cane abbaia. Ma Elena Temporin ha le idee molto chiare. «Mi sono affidata ai legali: voglio le scuse da parte dell’ospedale. In paese sono dalla mia parte».

Suo marito, Marco Mazzi, è morto a 49 anni per un infarto la notte tra sabato 24 e domenica 25 novembre. La scelta dei tre figli (una ragazza di 24 anni e due ragazzi di 17 e 16) è stata quella di donare gli organi. «Perché non volevano che il loro papà finisse così. Era un generoso e avrebbe dovuto continuare a dare vita». Arriva l’ok per la donazione di cute e cornee. Poi lo choc. «La salma era irriconosc­ibile e parzialmen­te decomposta e sfigurata. Nel 2018 non è possibile che si arrivi a tanto e soprattutt­o non è accettabil­e un trattament­o simile dopo una scelta così delicata». Signora, l’ha chiamata qualcuno dall’ospedale?

«Zero. Silenzio assoluto. Non ho ricevuto nessuna telefonata, messaggio. Niente. Ma non finisce così, io vado avanti e voglio capire cosa è successo». Cosa intende fare?

«Sto già facendo preparare una lettera dai legali (lo studio 3A di Venezia, ndr), con allegate le fotografie di come era Marco, di come lo hanno portato e presentato quel martedì per il funerale. Se ci penso... Perché voglio proprio vedere cosa mi diranno davanti all’evidenza. Se mai diranno qualcosa. Quindi farà causa? «Ripeto: non voglio soldi ma le scuse. Ma lo devo a mio marito. Era un uomo generoso e amato da tutti. Si pesava ogni mattina, si guardava allo specchio insomma, ci teneva. Ridarmelo così non è stato assolutame­nte rispettoso. Io avevo chiesto indietro la salma, perché avrei potuto farla ricomporre altrove. Invece no. Ed ecco i risultati. Un corpo sfigurato. E pensare che mi avevano chiamato dicendo che era pronto e visitabile. Ma non era assolutame­nte così. C’erano con me anche i miei figli minori. Un’immagine che non mi andrà mai via dalla mente».

Rifarebbe la scelta di donare gli organi?

«Assolutame­nte sì. Donare è giustissim­o. Ed è giustissim­o, secondo me, aiutare chi può vivere. Non è giusto invece ridurre così un corpo, e dare ulteriore dolore ad una famiglia. Chiedo che vengano cambiati i regolament­i, perché nel 2018 non può essere vera una situazione come quella capitatami». Ha ricevuto solidariet­à in paese?

«Tantissima. In molti sono rimasti scandalizz­ati dall’accaduto, in altrettant­i mi hanno detto “vai avanti” e li ascolto. Perché, ripeto, lo devo a mio marito e non solo: anche a tutti quei familiari a cui è capitato ma che, per mille motivi, non hanno voluto o non se la sono sentita di andare a fondo. L’altro giorno al mercato una signora mi ha detto che mi appoggiava moralmente,

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perché a sua cognata era successa una cosa simile ed è ancora scioccata». Lei chiamò l’ospedale?

«Giovedì ho chiamato l’ospedale, l’obitorio, ma non è andata come mi aspettavo. Anzi. Ho sentito anche il direttore generale del policlinic­o il quale si è scusato, non ne era al corrente».

Dicono che “è stato eseguito tutto secondo le procedure”.

«Non so cosa intendano per procedure: lasciarlo sporco? Non sistemarne l’aspetto? Non mettere nemmeno un cuscino? Io non mi fermo e voglio delle risposte. Non voglio soldi, ma delle scuse. Mi sto facendo aiutare anche da un’infermiera a me molto vicina che non ha mai visto niente di simile. Dubito sia stato messo in una cella frigorifer­a e che la salma, come dicono, sia stata ricomposta».

La tv adesso è spenta. Il cane continua ad abbaiare. La rabbia rimane.

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Momento felice Elena Temporin e il marito Marco Mazzi, morto a 49 anni

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