Addio a Frasi, «re» del caffè e bluesman
È morto a 63 anni VERONA Gianni Frasi, (foto) imprenditore del caffè e delle spezie e grande appassionato di blues.
Talmente originale da non avere un cellulare e non sopportare Internet e i social.
Se ne va un personaggio unico che presto avremmo raccontato nella rubrica domenicale del Corriere Tipi Veronesi, perché se c’era un tipo da raccontare, questi era proprio lui. È all’improvviso mancato Gianni Frasi, 63 anni titolare di Giamaica Caffè, affermata torrefazione di Verona.
Figlio di Franco, ex gloria gialloblù protagonista nel 1957 della prima storica promozione in serie A dell’Hellas Verona, aveva elevato l’azienda di Via Merighi ad autentico gioiello riconosciuto ovunque. Originale, geniale, Gianni Frasi era soprattutto un filosofo che in giro per il mondo portava il verbo del suo credo e del suo lavoro. Combatteva la banalità con l’arma delle idee.
La sua innovazione si radicava e si esprimeva nel culto assoluto della qualità, intesa nella sua più autentica e sacra accezione. Sui generis, non aveva un sito internet, né tanto meno pagine social, detestava il telefono cellulare a tal punto da non averne uno: si atteneva con rigore a un ordine emesso nel 1700 dall’Imperatore Leopoldo I d’Austria che vietava ai quattro torrefattori in città di portarsi via i clienti l’un l’altro.
Fedele all’editto, lui i clienti non li cercava, tanto erano loro a cercare lui. Gianni li selezionava e solo dopo un’attenta e severa valutazione emetteva il suo insindacabile giudizio. Non era un uomo di compromessi, come il suo caffè del resto. «Il caffè. - ripeteva - è amaro, non attrae. A differenza del vino, non dona euforia, non inebria, non fa dimenticare i problemi. Anzi, te li ripropone. Il caffè non è per chi vuole essere vessato, è per l’uomo libero».
E lui libero lo era per davvero. Oltre al caffè e al pepe, di cui era importatore e uno dei massimi esperti in Italia, Frasi era un sacerdote del blues, leader e frontman della John Papa Boogie Blues, band nata a metà degli anni ‘80. Ritiratosi dalle scene, da un po’ aveva riunito il gruppo dopo un decina d’anni di silenzio, di ritorno da un viaggio illuminante ad Haiti martoriata dal terremoto. Con i suoi concerti «Blues d’Haitienne» raccoglieva fondi per l’isola caraibica. Apparentemente burbero, era un uomo di grande umanità. Il suo cuore ha ceduto. Era intenso e caldo come il suo caffè, come il suo blues.