Sviluppo, gli artigiani alzano la voce
Sul palco i leader chiedono dialogo e infrastrutture, sotto il palco i soci attaccano la politica
La protesta «di piazza» delle piccole imprese, i padroncini di Confartigianato, ha portato a Milano centinaia di veneti. Sul palco i leader associativi, autoproclamati «Partito del Sì», ha chiesto al governo dialogo e sostegno alle infrastrutture e allo sviluppo. Sotto il palco i soci hanno raccontato il disorientamento di fronte a vecchia e nuova politica: «Aspettiamo aiuti, arrivano problemi».
La sveglia, per Armando Sartori, ieri è suonata alle quattro in punto. Titolare di carrozzeria a Oderzo, è uno dei quattrocento artigiani, alcuni piccoli, altri che proprio piccoli non sono, che dal Veneto sono saltati sui bus di Confartigianato per volare a Milano e far suonare, pacati ma risoluti, l’ultima sveglia al Governo in tema di crescita e sviluppo: «Vogliamo dire un “guardate che ci siamo”, e pensiamo di avere qualcosa di buono da dire anche per il Paese». L’ultima ondata dei corpi intermedi, dopo industriali e sindacati, riempie con 1600 azzurri delle pmi l’auditorium di Milano Congressi. La sala parla con accento lombardo e piemontese, c’è molta Emilia e tanto, tanto Veneto. Treviso, Padova, Vicenza, Venezia: il «Partito del Si» che si è dato appuntamento nel cuore della capitale del Nord per farsi prestare la voce dal numero uno di Confartigianato, Giorgio Merletti, e dai leader regionali dell’associazione, ha una maggioranza di casa nostra.
Il quaderno delle proposte punta forte sulle infrastrutture. Un dato: rispetto alla media europea, l’Italia ha un deficit infrastrutturale stimato nel 19,5 per cento. Quelli del Si, 4,4 milioni di piccole imprese rappresentate, 65 per cento degli italici occupati, sanno che i numeri contano. Agostino Bonomo, dal palco, ricorda quel che serve al Veneto per alzare e non solo difendere i numeri dello sviluppo: «È fondamentale realizzare la parte nord della Valdastico, per connettere vasti territori del Nordest, attraverso la Pedemontana Veneta», dice il presidente regionale di Confartigianato Imprese. Poi c’è l’asse padano da Torino a Venezia, l’ampliamento della Padova-VeronaBrescia, l’intervento sulla tratta da Padova a Bologna, e i trafori: Brennero e Tarvisio. Opere materiali ma anche strutture immateriali: Bonomo evoca il paradosso per cui «le quattro regioni più produttive hanno un deficit del sei per cento rispetto alla media italiana nella diffusione di banda larga e ultra larga». Competere così è dura: «Il mondo non ci aspetta».
I leader fanno sintesi ad uso del governo del cambiamento, fin qui, a dirla tutta, più decantato che percepito, ricordando come ritardi, incompiute e paradossi accomunino l’Italia da Belluno a Catania: «Un mal comune che non fa mezzo gaudio - gioca il siciliano Giuseppe Pezzati - ma doppia arrabbiatura». Di arrabbiati, anche tornando ai bus di casa nostra, se ne vedono pochini. Disorientati e preoccupati, anche da questioni più «spicce» delle grandi opere: questi, invece, si. Fatturazione elettronica al centro del pensiero di Pietro Bianchi da San Polo di Piave, imprenditore edile: «Nel modo in cui è funzionato finora, nel mese avevi un certo equilibrio tra costi e ricavi. Le fatture che ti arrivano a inizio mese le contabilizzi in quello precedente, e tutto rimane bilanciato». E adesso che succede? «L’Iva che paghi adesso al fornitore non la scali nel mese di dicembre ma a gennaio». Sbilancio nei conti? «Eh già, ma non solo. Mi dai un acconto di 10 mila euro su un lavoro e poi ci regoliamo? Non si può più, perché il pagamento non può essere anteriore alla fattura... Pochi hanno le idee chiare. Ho un collega che per questo si cancella da artigiano (chiude la partita Iva, ndr) e va a fare il dipendente». Gli fa eco Mario Daniele Citron: «A gennaio sarà un casino». È il presidente del Consorzio Veneto Garanzie: può tradurre i suoi timori? «Si parte con un sistema nuovo, non tutti sono in grado di affrontarlo. Certo, chi si è rivolto alle associazioni troverà risposte, ma creerà qualche problemino». Si tratta, per Citron, di «incertezza che ha creato subbuglio e contribuito a generare decisioni drastiche»: si rinuncia a fare impresa, come detto.
Socia di conceria in trasferta a Milano, Bruna Bauce da Arzignano non nasconde il disappunto per quel che la politica sta offrendo: «Il sentimento? Arrabbiata, perché non tengono in considerazione le piccole e medie aziende. Sentono poco la nostra voce, forse perché sono sicuri che a fine anno i soldini arrivano lo stesso. C’è troppa burocrazia, non ci danno la possibilità di crescere». Bruna, quanti dipendenti ha? «Dodici». Potrebbe crescere? «Si, però con le palle ai piedi. Gli studi di settore ci hanno bloccato, ora anche la fatturazione elettronica:pazzia».
Per Susanna Zorzi, da Padova, il bersaglio si chiama decreto dignità: «Non ci mette nelle condizioni di assumere. Abbiamo bisogno di apprendistato, e due anni non sono abbastanza». Confermi il contratto, no? «Nel mio settore, domotica e reti data, servono tecnici specializzati». I profili tecnici scarseggiano, e se nei due anni il dipendente non è una garanzia assoluta, non si rischia e si licenzia. Insomma, tanti messaggi nella bottiglia per la politica.
Ieri, qui si sono visti i veneti Alessandra Moretti (Pd) e Marco Marin, forzista come le lombarde Maristella Gelmini e Lara Comi. Sull’etichetta della bottiglia, però, c’è l’indirizzo di due vicepremier...
Agostino Bonomo Il mondo non ci aspetta, abbiamo bisogno di infrastrutture, dalla Pedemontana alla Valdastico, ma anche della banda larga
Mario Daniele Citron La fatturazione elettronica ha creato subbuglio e contribuito a generare in qualcuno decisioni drastiche. Chi si rivolgerà alle associazioni troverà risposte