Manovalanza sfruttata e sottopagata
Cologna Veneta, operazione della finanza: nei guai un imprenditore e tre «caporali»
Un’indagine che certifica quanto il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina sia radicato nel Veronese. Tre aziende, due studi di consulenza del lavoro e un esercito di irregolari arruolati nei campi e negli allevamenti per un’evasione fiscale e un omesso versamento di contributi ai fini previdenziali che sfiora gli 1,2 milioni di euro. È quanto ha portato alla luce l’inchiesta della compagnia della guardia di finanza di Legnago.
Un’indagine, l’ennesima, che certifica quanto il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina, sia radicato nel Veronese. Tre aziende, due studi di consulenza del lavoro e un esercito di irregolari arruolati nei campi e negli allevamenti per un’evasione fiscale e un omesso versamento di contributi ai fini previdenziali che sfiora gli 1,2 milioni di euro. È quanto ha portato alla luce l’inchiesta della compagnia della guardia di finanza di Legnago che, negli scorsi giorni, ha eseguito le quattro ordinanze di custodia cautelare (firmate dal gip Ferraro) nei confronti di un imprenditore marocchino (ai domiciliari) e di tre connazionali «caporali» (tutti con obbligo di firma quotidiano) accusati di aver messo in piedi il business. L’ennesimo. Tutto è iniziato circa un anno fa, quando un operaio nordafricano si è presentato in questura per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
L’uomo, infatti, risultava assunto da una cooperativa di Cologna Veneta, specializzata nella fornitura di manodopera alle aziende, che aveva cessato l’attività. E i fari delle Fiamme Gialle hanno iniziato a puntare sulla cooperativa e sul legale rappresentante, scoprendo che tra il 2014 e il 2016 risultava aver assunto qualcosa come oltre 300 dipendenti. Contratti di lavoro fittizi, necessari esclusivamente a poter conseguire l’agognato permesso di soggiorno. In cambio, come accertato nel corso delle indagini, i singoli extracomunitari dovevano versare fino a 400 euro.
Erano due studi di consulenza del lavoro di Vicenza e di Padova, secondo l’accusa, a produrre tutta la falsa documentazione (contratti di lavoro e buste paga fittizi), utilizzata per regolarizzare le posizioni dei singoli stranieri sul territorio nazionale. E in totale, sono 11 le persone (tra cui anche italiani residenti tra Verona, Treviso e Udine) indagate dalla procura per le ipotesi di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento del lavoro, riciclaggio e auto-riciclaggio. Nei guai sono finite anche altre due cooperative di Cologna: queste, a differenza della prima, reclutavano davvero i lavoratori. Peccato che si trattasse di clandestini impiegati come forza lavoro nelle aziende italiane operanti nel settore agricolo e zootecnico, «dislocate principalmente nel territorio scaligero».
Manovalanza sottopagata e sfruttata, costretta a vivere in strutture fatiscenti e controllata «a vista» dai tre caporali marocchini. «L’entità del danno economico generato nei confronti delle aziende italiane che operano onestamente nel medesimo settore di somministrazione del lavoro è stato ingente», puntualizzano le Fiamme Gialle che hanno incassato anche il plauso del ministro veronese Lorenzo Fontana. «Complimenti alla guardia di finanza, avanti con la lotta al business dell’immigrazione clandestina».