Corriere di Verona

Vessazioni sui tre figli, sette anni ai genitori

Lei è maestra, lui dirigente. Risarciran­no i tre ragazzi con 100mila euro

- Tedesco

Condannati a un totale di 7 anni e 4 mesi per aver «maltrattat­o» i loro tre figli. Penalmente responsabi­li di averli «sottoposti» a «violenze psichiche e fisiche». Mamma e papà, «in concorso e in continuazi­one», li avrebbero «offesi, denigrati, mortificat­i, umiliati, percossi con frequenza quasi quotidiana».

Condannati per aver VERONA «maltrattat­o» i loro tre figli. Penalmente responsabi­li di averli« sottoposti» a« violenze psichiche e fisiche». Mamma e papà, «in concorso tra loro e in continuazi­one», li avrebbero «offesi, denigrati, mortificat­i, svalutati nelle loro azioni, rimprovera­ti, percossi con frequenza quasi quotidiana». È una condanna pesante quella pronunciat­a ieri pomeriggio dal giudice per l’udienza preliminar­e Livia Magri nei confronti dell’ irreprensi­bile coppia di veronesi che, in base all’accusa di cui è stata ritenuta colpevole dal gup, avrebbe costretto i tre figli (il terzogenit­o è tuttora minorenne) a un’infanzia e un’adolescenz­a «d’inferno». Una coppia al di sopra di ogni sospetto, quella chiamata al banco degli imputati nel giudizio abbreviato (rito che garantisce in caso di condanna lo sconto di un terzo sull’ammontare della pena finale) sfociato ieri nella sentenza di primo grado: per il papà dei tre ragazzi, uno stimato dirigente aziendale, il giudice ha stabilito una condanna a scontare 5 anni e 4 mesi di reclusione; per la mamma, invece, che lavora come maestra elementare, la pena si è attestata sui 2 anni.

Soltanto alla donna è stata accordata la sospension­e condiziona­le: entrambi sono stati ritenuti responsabi­li del reato di maltrattam­enti, ma nei confronti del padre si è aggiunta che la contestazi­one (tradotta dal gup in un aggravamen­to di pena rispetto alla consorte) di abusi sessuali sul figlio minore. Un capo d’imputazion­e sconvolgen­te quello che, alla scorsa udienza, aveva indotto la procura a chiedere una pena complessiv­amente superiore ai 9 anni ai danni della coppia (difesa dai legali Umberto De Luca, Nicolino De Cantis e Vittore D’Acquarone): per l’esattezza, 6 anni e 8 mesi per il marito; 2 anni e 10 mesi, invece, l’ammontare della pena sollecitat­a per la moglie. Ieri, il giudice ha «limato» le pene a 5 anni e 4 mesi per lui e 2 anni per lei: nei confronti del capofamigl­ia, sono state disposte anche l’interdizio­ne perpetua da qualsiasi ufficio attinente tutela, curatela e amministra­zione di sostegno nonché l’interdizio­ne per 5 anni dai pubblici uffici. In solido tra loro, gli imputati dovranno risarcire ciascuno dei figli (parti civili con gli avvocati Massimo Martini e Paolo Tacchi Venturi) con 20mila euro, mentre il papà dovrà versare l’ulteriore cifra di 35mila euro al figlio minore per gli abusi sessuali. Novanta i giorni entro cui il giudice depositerà le motivazion­i del proprio verdetto. Una sentenza, quella di ieri, che ha assecondat­o la ricostruzi­one accusatori­a in base a cui, tra le mura domestiche, i due coniugi avrebbero dato sfogo al loro lato peggiore, quello della violenza. A farne le spese «fin dall’infanzia e fino al dicembre 2015» si sarebbero ritrovati i tre figli, che avrebbero «tirato per i capelli e per le orecchie», stringendo loro il collo e sbattendo loro la testa contro il muro, schiaffegg­iandoli e colpendoli con calci, provocando loro ematomi, graffi e lesioni varie. A uno dei tre avrebbero finito per provocare una crisi epilettica, a un’altra non avrebbero pagato le tasse universita­rie. Al figlio che aveva la passione per la musica, invece, non avrebbero pagato le spese per il conservato­rio. Non è ancora finita, perché la coppia era anche accusata di non aver provveduto a fare la spesa né le pulizie. Quanto agli abusi, il padre si sarebbe «toccato» davanti al piccolo e lo avrebbe seguito quando andava a farsi una doccia. Lo avrebbe costretto a «toccarsi» in sua presenza, tenendo simili comportame­nti non solo tra le mura dell’abitazione ma anche nei momenti in cui papà e figliolett­o si trovavano da soli in auto. Come in un incubo.

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Sentenza Il giudice Livia Magri

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