Alla «Vecchia» spariscono le rughe
Restaurato il capolavoro di Giorgione. Le tecnologie utilizzate e le scoperte
Col tempo si può migliorare? Sofferente, rassegnata, è talmente enigmatica quell’anziana popolana consumata dagli anni, con gli occhi rivolti verso l’osservatore, la bocca semiaperta dai denti corrosi da cui sembra uscire un ammonimento. La donna, stanca ma decisa, che tiene in mano un cartiglio che reca scritto «Col tempo», appare ancor più incisiva nel mettere in guardia sugli effetti inevitabili del trascorrere del tempo. Ritratto realistico e al tempo stesso allegorico, il volto de La Vecchia di Giorgione (Castelfranco 1478Venezia 1510) che emerge dal buio ha una carica umana rafforzata dopo il complesso intervento di restauro a cui è stata sottoposta negli ultimi sette mesi.
Il capolavoro giorgionesco databile intorno al 1506, conservato alle Gallerie dell’Accademia di Venezia - dapprima appartenente alla collezione di Gabriele Vendramin e approdata alla fine del Settecento nelle raccolte di Girolamo Manfrin, entrata nel 1856 nel patrimonio delle Gallerie dell’Accademia per acquisto del Governo austriaco - , ha (ri)acquistato nuovo vigore espressivo e preziosità coloristica. Realizzato coi giusti tempi e le tecnologie più avanzate, il ripristino è stato condotto da Giulio Bono con la collaborazione di Silvia Bonifacio, sotto la direzione di Giulio Manieri Elia e Maria Chiara Maida e, per le indagini scientifiche, di Ornella Salvadori. L’intervento è stato finanziato (con circa 30mila euro) dalla Foundation for Italian Art & Culture, nel quadro di un accordo con le Gallerie volto ad accrescere la visibilità della pinacoteca veneziana nel mondo. E così l’opera sta per volare oltreoceano. Un tour con la misteriosa donna, forse la madre dell’artista, attesa dal 15 febbraio al Cincinnati Art Museum, mentre dal 15 maggio sarà nel Connecticut, al Wadsworth Atheneum di Hartford. Ieri nel museo lagunare un incontro-preview del quadro prima della partenza americana. «Non abbiamo - ha marcato Manieri Elia - informazioni conservative prima dei restauri novecenteschi di Mauro Pellicioli (1948) e Ottorino Nonfarmale (1984). Tuttavia gli interventi ottocenteschi erano evidentemente stati molto pesanti. Adesso possiamo vedere l’opera per la prima volta con i colori originali dopo cinque secoli, la veste rosa della donna, l’incarnato del viso».
C’è un retroscena curioso: nel tempo erano state aggiunte rughe al volto, a voler enfatizzare la vecchiezza. È invece sorprendente che la pelle del viso ora tornata più liscia, come dipinta dal maestro del tonalismo, renda ancor più l’idea dell’avanzare dell’età: «Abbiamo usato – ha detto Bono - solventi blandi. Adesso l’impatto dell’immagine è più forte». Sembra un quadro iperrealista. Ritornerà nella sua «casa» a Venezia in agosto e verrà festeggiato.