«Litigavano per il volume alto, poi lo zio ha ucciso mia mamma»
Accoltellata e lasciata all’ospedale, tensione in aula. «Ma non l’abbandonammo»
«Mia mamma perdeva molto sangue. Ma era ancora viva, parlava, mio padre l’ha caricata in auto e portata all’ospedale». Nel 2015, quando sua madre venne uccisa con una coltellata, la figlia Giuseppina Mirabile aveva 19 anni. Ieri ha ricostruito quei terribili momenti.
«Mia mamma perdeva molto sangue. Ma era ancora viva, parlava, mio padre l’ha caricata in auto e portata all’ospedale». Nel 2015, quando sua madre Corradina venne uccisa con una coltellata alla coscia sinistra che le recise l’arteria femorale, la figlia Giuseppina Mirabile aveva «19 anni e una bimba di 19 giorni a cui stavo dando da mangiare nella roulotte». La vittima fu lasciata in un lago di sangue davanti all’ospedale di San Bonifacio: aveva solo 39 anni ed era stata colpita a morte, con quell’unico maledetto fendente, nel campo nomadi in località Albaron. Una tragica fine che si tinse subito di giallo: «Ma non è vero che Corradina venne abbandonata all’ospedale e lo dimostrano - sottolinea l’avvocato della difesa, Daniele D’Urso di Bologna - le dichiarazioni rese dall’infermiera addetta quella sera al Triage presso il Fracastoro». Eppure, inizialmente, all’indomani del dramma le indagini si concentrarono proprio sul marito di Corradina, Fortunato Bona, interrogato più volte ma nei cui confronti non venne poi assunta da carabinieri e inquirenti alcuna iniziativa. Il mistero si infittì alla scoperta che, nel giro di poche ore, la carovana dei Camminanti di Noto, i «siciliani erranti», era apparentemente svanita nel nulla. «Ma non siamo spariti, ci siamo diretti a Vicenza per evitare l’arrivo della polizia» ha precisato ieri in aula Paolo Mirabile, figlio dell’unico imputato: a finire in cella una settimana dopo per omicidio preterintenzionale fu Salvatore Mirabile, fratello della vittima. «Quella sera, lui e suo fratello Antonino hanno iniziato a litigare per la musica troppo alta che proveniva dalla radio nell’auto di Paolo, figlio di Salvatore - ha risposto ieri Giuseppina al sostituto procuratore Alberto Sergi-. Io non ho visto la scena perché stavo nella roulotte, ho solo sentito le urla. Mi hanno raccontato che madre ha cercato di dividere i suoi due fratelli che litigavano, poi mio zio Salvatore l’ha colpita con quel coltello da cucina che teneva in mano. Se sono arrabbiata con lui? No, perché non voleva farlo. È stato un incidente e siamo anche stati risarciti». Un racconto, questo, che la figlia della vittima ha rilasciato ieri davanti alla Corte d’assise tra innumerevoli pause e altrettanti «Non so» o «Non ricordo». Una ritrosia che ha spazientito e irritato il giudice Sandro Sperandio, che ha più volte redarguito la teste prospettando «la trasmissione degli atti alla procura per oltraggio non solo alla Corte ma anche alla memoria della defunta». Stesso ammonimento da parte del presidente Sperandio anche a Paolo Mirabile, testimone oculare del delitto: «Ma quella coltellata è partita per errore mentre mia zia voleva dividere mio padre e suo fratello che litigavano. È stato solo un incidente». Corradina morì dissanguata e tra tre settimane, in aula, si conoscerà la verità dell’omicida.