Il museo Miniscalchi Erizzo, uno scrigno che si apre alla città
La nuova direttrice annuncia: «Eventi aggreganti e arte contemporanea»
«Museo» è parola di origine greca che significa luogo sacro alle muse. Ma la nuova direttrice della Fondazione Museo Miniscalchi Erizzo, Giovanna Residori, vincitrice a settembre scorso del concorso che ha segnato un cambio dopo più di quarant’anni, vuole però dare un significato nuovo a questa parola e a questo spazio. Un museo poco noto alla città a cui è stato donato dall’ultimo erede della famiglia Miniscalchi, alla metà degli anni ‘50.
«Siamo in una situazione storica in cui al museo viene assegnato un ruolo nuovo – spiega la neo-direttrice -: non più solo funzioni primarie, tutela, conservazione e ricerca, ma dare risposte alle richieste che arrivano dai cittadini. Il museo oggi deve diventare “agorà”, piazza, punto d’incontro, luogo dove le persone possono condividerne l’esperienza».
Veronese, laurea in Archeologia, una collaborazione con il Museo di Storia naturale e poi con quello dei Grandi fiumi di Rovigo, Residori è diventata, dopo un master in museologia a palazzo Poggi di Bologna, la direttrice di quella stessa istituzione.
«Un museo quello di Palazzo Poggi – spiega ancora – assimilabile al Miniscalchi: collezioni eterogenee, con archivi, oggetti, arredi, dipinti, sculture, ceramiche, ospitate in un contenitore molto prestigioso. Palazzo Miniscalchi, del ‘500, rappresenta uno degli esempi più importanti in città dell’architettura tardo gotica ed è una delle ultime testimonianze di quelle facciate affrescate che avevano fatto conquistare a Verona il titolo di «Urbs Picta», città dipinta, appunto».
Ma per trasformare il museo in un «luogo vivo, parteappuntamento cipato e aperto, dove tornare più volte», i passi da fare sono molti: «Si parte – racconta ancora Residori - dall’aggiornamento del sito e dalla comunicazione attraverso i social, con la nuova pagina Facebook, poi cartellonistica e stendardi, perché siamo in centro (via San Mamaso), ma defilati. Il punto nodale però è la creazione di elementi aggreganti, come potrebbe essere l’inserimento di arte contemporanea in questo contesto. È già accaduto in passato, ma vorrei creare un che si ripeta negli anni, consentendo di aprirci a un pubblico nuovo e differenziato. Il museo, privato, nasce con lo scopo di offrire alla città e agli studiosi il patrimonio accumulato da generazioni: questo vogliamo continuare a fare».
Già in atto convenzioni con l’Università di Padova e con quella di Verona, previsti open day nel fine settimana (attualmente il museo è aperto solo dal lunedì al venerdì) e cantieri di restauro aperti al pubblico, nel cassetto c’è il progetto di un servizio didattico con il riordino e lo studio dei numerosi archivi famigliari.
Il tutto per far sapere alla città che chi varca il portone entra in un luogo unico che contiene la storia di una famiglia: potrà apprezzare, per esempio, le porcellane dipinte per il servito di gala che Napoleone III donò a Francesco Miniscalchi in occasione dell’inaugurazione del canale di Suez a cui il Miniscalchi presenziava in rappresentanza dell’Istituto Geografico Nazionale.
Oppure capolavori come la «Madonna con Bambino» di Giacomo Francia, di recente acquisizione.