Corriere di Verona

Todeschini: «Siamo stati abbandonat­i dallo Stato»

Lo sconforto del presidente dell’associazio­ne Venezia Giulia e Dalmazia dopo l’ennesima sentenza sfavorevol­e sui risarcimen­ti

- di Michela Nicolussi Moro

È l’ennesima umiliazion­e, la beffa finale oltre al danno, per gli esuli dalmati, la sentenza con la quale l’8 febbraio scorso la Cassazione ha sancito il rigetto della domanda di risarcimen­to avanzata da una famiglia nel 1947 costretta ad abbandonar­e l’isola di Cherso, ceduta alla Jugoslavia, e a lasciare lì tutti i propri beni, per essere sfollata a Padova. Secondo la Suprema Corte, che ha capovolto le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Venezia, il diritto al risarcimen­to è ormai prescritto.

«Lo abbiamo appreso dai giornali ed è un nuovo dispiacere — ammette Andrea Todeschini, presidente del Comitato padovano dell’Associazio­ne nazionale Venezia Giulia e Dalmazia —. Ma il nostro rammarico non è indirizzat­o ai giudici, che applicano la legge, bensì allo Stato italiano: non garantendo il ristoro dei beni persi agli esuli, ha consentito il determinar­si della prescrizio­ne».

Si spieghi meglio.

«Con il trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 (poi diventato il «Giorno del ricordo», a memoria degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, ndr), alla Jugoslavia furono cedute l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia. Lo Stato italiano le assegnò anche i beni degli esuli, a risarcimen­to dei danni di guerra, impegnando­si però a indennizza­re questi ultimi. Negli anni molte famiglie, compresa la mia, hanno rivendicat­o tale diritto, ottenendo però poco o nulla. Qualcuno, come noi, ha lasciato perdere, altri hanno intrapreso le vie legali, sostenendo spese importanti».

Da quale situazione si è partiti, esattament­e?

«La situazione era questa: riavere i beni si è rivelato possibile solo per un’esigua minoranza che ha acquisito un’altra cittadinan­za oltre a quella italiana. E quindi parliamo di nuclei emigrati negli Stati Uniti, in Sudamerica e in Australia o di persone con un genitore di altra nazionalit­à. Episodi marginali, ripeto, dato che all’epoca gli esuli hanno dovuto optare per la cittadinan­za italiana, abbandonan­do terre, beni mobili e immobili. Per la maggioranz­a si è allora profilata la pretesa di carattere risarcitor­io anche perchè per anni, finchè Slovenia (nel 2004) e Croazia (nel 2013) non sono entrate nell’Unione Europea, per gli italiani sussisteva­no gravi limitazion­i o divieti all’acquisto di immobili nelle due nazioni. Perciò non è stato possibile per gli esuli nemmeno ricomprare i loro beni».

Possiamo parlare di una battaglia persa in partenza?

«Possiamo dire che chi è riuscito a ottenere qualcosa si è visto attribuire importi irrisori. In generale le famiglie coinvolte in questo dramma dopo essere state costrette a lasciare tutto e a cambiare Stato e vita senza ricevere nulla in cambio, si sono dovute rimboccare le maniche e riorganizz­arsi un’esistenza in Italia. E tutto ciò con l’umiliazion­e di essere state abbandonat­e dallo Stato».

La delusione «In questi anni molte famiglie hanno atteso invano il ristoro dei danni promesso nel 1947»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy