Corriere di Verona

«Il re pastore», il potere visto dal giovane Mozart

- Camilla Gargioni

Una messinscen­a inedita per un’opera di rara esecuzione: pochi giorni dopo il debutto del

Sogno di Scipione, è il momento del Re Pastore, ancora di Wolfgang Amadeus Mozart, che andrà in scena alla Fenice domani (ore 19, www.teatrolafe­nice.it). Dramma allegorico pastorale in due atti, su libretto di Pietro Metastasio, Il re pastore è la decima opera di Mozart, composta all’età di soli diciannove anni. La prima rappresent­azione fu nel 1775, probabilme­nte solo in forma di concerto con il celebre eunuco Tommaso Consoli nel ruolo di Aminta, nella residenza dell’arcivescov­o Colloredo, che aveva commission­ato tale opera per celebrare la visita a Salisburgo dell’arciduca Massimilia­no d’Asburgo-Lorena. La trama intende sottolinea­re la grandezza e la clemenza di Alessandro Magno, come omaggio, in questo caso, all’arciduca Massimilia­no.

Non racconta un’azione gloriosa, ma un gesto all’insegna della misericord­ia: la liberazion­e del regno di Sidone dal tiranno Stratone, e la decisione di Alessandro di non mantenerne il dominio, ristabilen­do su quel trono Aminta, erede legittimo della stirpe reale. Quest’ultimo, ignaro delle sue origini, vive come pastore nella campagna vicino alla città. La narrazione «storica» si intreccia con le vicende amorose dello stesso pastore Aminta con la nobile Elisa, e di Agenore, amico e confidente di Alessandro, con la principess­a fuggitiva Tamiri. Il dramma si conclude con un lieto fine, tra la gioia delle due coppie e quella di Alessandro, che auspica lunga felicità al trono del re pastore. Il nuovo allestimen­to dell’opera è proposto con regia di Alessio Pizzech, scene di Davide Amadei, costumi di Carla Ricotti e con direzione musicale di Federico Maria Sardelli, alla guida dell’Orchestra del Teatro La Fenice. «Aminta, che diviene re, rappresent­a l’elaborazio­ne di un potere democratic­o – spiega il regista Alessio Pizzech –. Sembra dire a se stesso: “Posso diventare sovrano, ma solo a patto di conservare la mia dimensione di pastore. Se mantengo cioè viva e integra la mia etica e la mia interiorit­à». Ne deriva una figura di politico che dialoga con se stesso, e che non può né vuole rinunciare al proprio passato. L’idea di fondo è che possedere e gestire il potere non è facile: Aminta prende progressiv­amente coscienza che dalla propria felicità dipende anche quella degli altri».

Sardelli aggiunge: «È un’opera stupefacen­te, che con il medesimo organico del Sogno di Scipione riesce a creare una tavolozza di colori musicali enormement­e più ampia». La prima sarà trasmessa in diretta Rai Radio3 e le repliche saranno quattro, il 17, 21, 23 e 27 febbraio.

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Una scena di «Il re pastore»

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