Corriere di Verona

LEZIONI DI STILE A COLONIA

- C di Gigi Copiello

omincio con una storia. Lucia sta finendo Medicina, a Bologna. Decide di fare l’ultimo anno con l’Erasmus, a Colonia. E’ lì da qualche giorno ed è convocata dal Sindaco di quella città. Le prende un po’ di paura. C’è da capirla. Succede anche a noi se ci convoca il nostro Sindaco o anche un assessore: saranno senz’altro fastidi e problemi. Immaginars­i se capita in terra straniera. In ogni caso, Lucia si presenta e si trova in compagnia di ragazze e ragazzi di ogni parte del mondo, tutti in Erasmus. Arriva il Sindaco, per la precisione la Sindaca di Colonia. Con fare gioioso, dà il benvenuto e ringrazia i ragazzi per aver scelto Colonia e la sua Università. Non sono solo parole: a tutti fa omaggio di un abbonament­o a tutta la rete dei trasporti pubblici della città, per tutta la durata dell’Erasmus. Anzi, con un tocco di intelligen­za tutto femminile: a Lucia e a tutte le ragazze fa presente che dalle ore 20 l’abbonament­o vale per due persone: così non saranno sole. Fine della storia. Che ad alcuni potrebbe sembrare una favola. E’ invece puro e semplice esercizio di buon governo. Erano tutti ragazzi ormai alla fine degli studi: e se si fermavano a Colonia anche dopo l’Erasmus? Avrebbero «donato» competenze e lavoro a quella città. A spese nostre, che li abbiamo cresciuti e formati. Io non ho storie del genere da raccontare per l’Italia. So piuttosto che due famiglie di immigrati del mio condominio, ognuna con tre figli minori, se ne sono andati, chi in Francia, chi in Germania.

Gli appartamen­ti sono andati all’asta, ad un prezzo che è la metà di quello che ho speso per comprare il mio, qualche anno fa. Sono rimasti vuoti. E in giardino non gioca più nessuno. Con queste storie in testa, sono andato a vedere qualche giorno fa una fabbrica 4.0. Taglia l’acciaio e assicura la consegna in un sol giorno di qualsiasi prodotto. Avessero fatto la fabbrica in Romania o Ungheria, perdevano due giorni solo per il trasporto. L’hanno piantata a Rosà, con tutta l’automazion­e del mondo. E proprio questa automazion­e ha prodotto e portato posti di lavoro qui. Ma guardavo anche gli operai, non solo le macchine e i robot. E mi chiedevo: ma se ne trovano di operai dalle nostre parti? Me lo chiedevo anche perché, proprio quel giorno, avevo letto che chiudono più di cento classi, tra scuole primarie ed elementari nella sola provincia di Vicenza. Ci sono 2.700 piccoli in meno, di ogni colore. Fra qualche anno quella bassa marea raggiunger­à le medie e le superiori. Dove già si fatica a tenere i numeri dell’anno precedente. Chi farà l’operaio o il tecnico? E quanti professori serviranno, in meno?

Ben mi guardo dall’intervenir­e sulle vicende che agitano i nostri confini. Sarebbe la solita rissa. Ma chiedo: cosa succede dentro i nostri confini? A casa nostra, insomma. Io vedo appartamen­ti vuoti, scuole che chiudono e fabbriche che faticano a produrre per mancanza di lavoratori. Sembra inoltre che mancherann­o anche un po’ di medici, che andranno in pensione con quota 100. Non è un bel finale della storia che ho cominciato. E mi sento frustrato ed arrabbiato a dover apprendere e prendere lezioni di stile ed intelligen­za dalla Sindaca di Colonia piuttosto che da qualcuno di casa nostra.

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